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Editoriali

giustizia stop 2015 02 13

La ratifica italiana della “Convenzione ONU contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti” risale esattamente a 25 anni fa, nonostante ciò nell’ordinamento nazionale manca ancora la previsione di uno specifico reato di tortura.
Un’inadempienza macroscopica di precisi obblighi internazionali sulla quale si è accumulato un ritardo di un quarto di secolo. 
A partire dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, il divieto di tortura è contemplato in convenzioni e trattati internazionali e sovranazionali ai quali lo Stato Italiano ha puntualmente aderito1.

In verità, si tratta di una lacuna normativa ancora più risalente nel tempo: il divieto di tortura e la sua criminalizzazione trovano espresso fondamento nella nostra carta costituzionale, laddove l’art. 13, 4° comma della Costituzione recita: «E’ punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà».

 

 

Il reato di tortura rappresenta l’unico reato costituzionalmente imposto.
Il primo disegno di legge finalizzato a codificare il delitto di tortura risale al lontano 1989, un disegno di legge presentato su proposta del Senatore Nereo Battello del PCI; da allora i diversi tentativi, succedutisi nel tempo, di adeguare la legislazione nazionale agli obblighi internazionali e costituzionali sono puntualmente caduti nel vuoto.
Nel sentire comune, si ritiene spesso che la tortura rappresenti una questione estranea ad un paese civile, che non riguarda una democrazia avanzata come la nostra, un problema da “terzo mondo”. Ragione per cui una legge in materia sarebbe inutile, o, ancor peggio, un inutile e gratuito accanimento nei confronti delle forze dell’ordine.
La nostra storia, anche quella più recente, ci dice il contrario.
A titolo di esempio è sufficiente richiamare la ricostruzione giudiziaria dei fatti accaduti nel corso del G8 a Genova 2001, con riferimento alle violenze, soprusi ed umiliazioni inflitte nella caserma di Bolzaneto o la sentenza del 30 gennaio del 2012 del Tribunale Penale di Asti, che ha accertato, nel carcere astigiano  “l’esistenza di una prassi generalizzata di maltrattamenti posti in essere verso i detenuti più problematici”; due dei quali “hanno subìto non solo singole vessazioni, ma una vera e propria tortura, durata per più giorni e posta in essere in modo scientifico e sistematico”. Ancora, la dinamica dei fatti, come ricostruita nelle carte processuali, sfociati nell’omicidio del giovane Federico Aldrovandi, commesso a Ferrara nel 2005 da quattro agenti di polizia.  
Al di là dell’immaginario comune, che la tortura riguardi questo paese trova conferma nei rapporti delle organizzazioni internazionali (vedi ultimo rapporto Amnesty International), nei rilievi mossi nei confronti dell’Italia dal Comitato per la prevenzione della tortura (organo del Consiglio d’Europa), nelle diverse condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione del divieto di tortura e trattamenti disumani e degradanti.  
L’ultimo disegno di legge rivolto ad introdurre nell’ordinamento nazionale il reato di tortura è In questi giorni all’esame della commissione Giustizia della Camera.
Il testo attualmente in discussione, emendato nei passaggi parlamentari, presenta certamente forti limiti: la tortura  non è qualificata come reato proprio ma comune, quindi imputabile a chiunque e non soltanto ai pubblici ufficiali, per la integrazione del delitto è richiesto che gli atti costituenti tortura siano più di uno.
L’auspicio è che, con tutti gli opportuni e necessari correttivi e con la previsione di sanzioni effettivamente adeguate, le forze politiche si assumano finalmente la responsabilità di colmare questa gravissima lacuna nell’ordinamento nazionale, davvero poco degna di uno stato che si è sempre definito di diritto.

 

 

Laura Liberto, Coordinatrice nazionale Rete Giustizia per i Diritti-Cittadinanzattiva

 

 

1Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, alla Convenzione di Ginevra relativa al trattamento dei prigionieri di guerra del 1949; Convenzione di Roma per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali del 1950; Patto internazionale di New York sui diritti civili e politici del 1966; dalla Convenzione europea di Strasburgo per la prevenzione della tortura e dei trattamenti inumani o degradanti del 1987; Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale del 1998; Convenzione ONU contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumane e degradanti del 1984 (CAT) e suo Protocollo opzionale di New York del 2002; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000

Laura Liberto

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