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Editoriali

studio medico

È appropriato anche ritirare un Decreto sbagliato. Subito un "Programma Nazionale Linee Guida per la promozione dell'appropriatezza" e PDTA.

Il cosiddetto "Decreto appropriatezza" del Ministro Lorenzin ha una serie di criticità ma soprattutto un peccato originale. Vale a dire: una tra le misure individuate da Governo e Regioni per "declinare" il taglio lineare al Fondo Sanitario Nazionale di 2,352 miliardi per ciascuno degli anni 2015 e 2016 previsto nel Decreto Legge enti locali di agosto di quest'anno.

E' chiaro quindi che il Decreto muova da un'esigenza e da ragionamenti che attengono alla dimensione economica. Ciò è confermato dal combinato disposto di due elementi fondamentali previsti nel Decreto, e cioè la tabella delle condizioni di erogabilità delle 208 prestazioni specialistiche a carico del SSN (vale a dire una vera revisione e compressione dei LEA), nonché le sanzioni economiche imposte ai medici qualora prescrivessero su "ricetta rossa" prestazioni al di fuori dei criteri stabiliti (riducendo il medico ad un vero e proprio funzionario amministrativo).

E' legittimo e dovuto chiedersi se e quanto il Decreto sia volto a garantire "appropriatezza economica-contabile-amministrativa" piuttosto che "appropriatezza clinica".

Un dato è certo, e cioè l'appropriatezza clinica non si persegue "per Decreto" e con una tabella rigida che rivede il paniere delle prestazioni a carico del SSN, che standardizza a priori l'assistenza sanitaria e che non riconosce l'unicità di ciascuna persona.

Eppure si parla ormai da anni di medicina personalizzata e medicina di genere. Per non parlare dei meccanismi di rimborso da parte dello Stato di alcune molecole ad alto costo in base ai risultati clinici che quello specifico farmaco ha raggiunto su quella specifica persona.

Ciò che di fatto accadrà con una tabella rigida e sanzioni per i medici è molto semplice: il medico prescriverà su ricetta bianca le prestazioni che reputerà necessarie ma non ricomprese nell'elenco di quelle rimborsate dal SSN, e il cittadino le effettuerà nel privato sostenendone completamente i costi. Difficilmente il medico sceglierà di farsi decurtare lo stipendio per prescrivere a carico dello Stato una prestazione non ricompresa nella tabella del Decreto ma comunque necessaria.

Le conseguenze: alleggerimento delle coperture pubbliche e aumento delle coperture private da parte dei cittadini.

Tutto ciò in un momento in cui:

  • Il Governo ha annunciato di voler tagliare di altri due miliardi il Fondo Sanitario Nazionale 2016 rispetto a quanto previsto nel Decreto Legge enti locali di agosto 2015. Il Fondo passerebbe da circa 113 miliardi a 111 miliardi;
  • l'Istat ci dice che il 9,5% della popolazione non ha potuto fruire di prestazioni che dovrebbero essere garantite dal SSN per motivi economici e o carenze delle strutture come le liste di attesa, con punte del 13,2% nel Mezzogiorno;
  • le segnalazioni dei cittadini alla nostra Organizzazione rispetto alle difficoltà di accesso alle prestazioni pubbliche è in costante aumento, e riguardano molto anche le prestazioni oncologiche;
  • secondo un recente Rapporto Agenas sulla spesa sanitaria delle Regioni, tra il 2008 e il 2014 la spesa sostenuta dai cittadini per ticket è aumentata del 26%.

L'appropriatezza è un dovere del Servizio Sanitario Nazionale per garantire qualità, sicurezza e tempestività dell'assistenza, il più alto livello di salute della collettività e di conseguenza il miglior utilizzo delle risorse economiche, umane e strumentali.

L'appropriatezza deve essere innanzitutto clinica, organizzativa, gestionale, e di conseguenza produrrà effetti positivi anche sul fronte economico. Tutti sappiamo che quando si fa qualità si utilizzano anche nel miglior modo possibile le risorse a disposizione.
Dal punto di vista dei cittadini è appropriato soprattutto svolgere le prestazioni prescritte nelle tempistiche adeguate al bisogno di salute. Su questo siamo davvero ancora troppo indietro.

Nel caso invece del "Decreto appropriatezza" proposto dal Ministro la ratio è completamente opposta. Si parte dai concetti di appropriatezza e compatibilità  economiche rispetto alle risorse stanziate, per poi "piegare" di conseguenza la clinica all'equilibrio di bilancio. Una strategia che guarda innanzitutto ai conti e in secondo luogo al reale bisogno di salute dei cittadini sempre più insoddisfatto. 
E allora cosa fare?

Ecco la proposta del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva.

Premesso che:

  • il "Decreto appropriatezza" è una delle misure individuate per declinare una parte dei tagli al Fondo Sanitario Nazionale già operativi e vigenti;
  • il "risparmio" ottenibile con il Decreto è di soli 106 milioni di euro su un Fondo Sanitario di circa 110 miliardi;
  • le Regioni hanno la possibilità per Legge di raggiungere gli obiettivi di risparmio anche con misure alternative a quella prevista dal Decreto appropriatezza;
  • lo stesso Stato con Legge di Stabilità 2016 potrebbe intervenire individuando altre misure di risparmio.

Possiamo quindi dire che non c'è urgenza e indispensabilità ad adottare un Decreto come questo, che introducendo condizioni di erogabilità delle prestazioni specialistiche rivede di fatto i Livelli Essenziali di Assistenza. Al contrario, c'è forte necessità e urgenza di prevedere tra le strategie del Servizio Sanitario Nazionale la vera appropriatezza: clinica, organizzativa e gestionale.

Come?
Il Ministro ritiri il "Decreto appropriatezza", metta da parte le "condizioni di erogabilità delle prestazioni specialistiche" e vari al più presto un "Programma nazionale Linee Guida per la promozione dell'appopriatezza" coordinato dal Ministero della Salute, condiviso con le Regioni, elaborato con la collaborazione dell'AGENAS, dell'ISS, dell'AIFA, nonchè con le società scientifiche accreditate e con le Associazioni di cittadini e di pazienti. E' evidente che il programma Nazionale dovrà trovare concreta e uniforme implementazione e a tal fine sarà necessario un sistema di forte monitoraggio e verifica magari da parte dell'AGENAS.

Contestualmente si promuova la messa a punto e l'implementazione su tutto il territorio nazionale di Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) per persone con patologie croniche e rare.

Questa è la strada maestra per evitare il razionamento dei servizi e al contempo "fare" vera appropriatezza, quella che serve ai cittadini e al SSN.

Tonino Aceti

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