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Più sicurezza in chirurgia: 43 reparti aderiscono alla Carta della qualità in chirurgia promossa da Cittadinanzattiva. Da Regioni ed istituzioni impegni e progetti per migliorare la sicurezza.

Roma, 14 maggio 2008

Vincolare gli stipendi dei dirigenti anche a quanto messo in atto per migliorare la sicurezza dei pazienti. È uno degli obiettivi ambiziosi della Carta della qualità in chirurgia che sta prendendo piede in alcuni dei quarantatrè reparti di chirurgia di tutta Italia che, in questi mesi, hanno aderito formalmente alla Carta, promossa da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato in partnership con Johnson&Johnson Medical, con il patrocinio di ACOI (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) e Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie ospedaliere).

Dall’accoglienza nei reparti, al consenso informato prima di un intervento, dalla sicurezza in sala operatoria fino alle dimissioni dall’ospedale, in tutte queste fasi la Carta della qualità in chirurgia definisce un elenco di impegni che i reparti ospedalieri si assumono nei confronti del paziente per assicurare un servizio migliore nel rispetto del diritto del cittadino malato all’informazione, alla sicurezza, all’appropriatezza delle cure e all’innovazione. Le adesioni alla Carta arrivano da tutto il territorio nazionale. Finora hanno aderito 43 ospedali di Roma, Milano, Torino, Napoli, Potenza, Savona, Lavagna, Santa Margherita Ligure, Noventa Vicentina, Jesi, Olbia, Poggibonsi, Anzio-Nettuno, Albano, Castelvetrano. E nel frattempo altri 27 reparti hanno chiesto di aderire, per un totale di 70. L’elenco degli ospedali è consultabile sul sito www.cittadinanzattiva.it.

E della Carta della qualità in chirurgia si sta oggi discutendo nell’ambito di un convegno organizzato a Roma (presso la Asl RME) da Cittadinanzattiva ed Acoi, al quale partecipano rappresentanti del Ministero della salute, della Agenzia per i servizi sanitari regionali, assessori e direttori generali di diverse regioni (Calabria, Lazio, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana). Tutte queste realtà sono impegnate in prima fila per migliorare, attraverso la Carta, la sicurezza e la qualità delle prestazioni chirurgiche e fare in modo, più in generale, che gli ospedali siano a misura dei cittadini. Per fare qualche esempio, la ASL RME ha inserito gli impegni contenuti nella Carta tra gli obiettivi di budget dei dirigenti: di fatto l’applicazione della Carta inciderà sugli stipendi; la Regione Calabria, attraverso il Dipartimento Tutela della salute e Politiche sanitarie, ha siglato con Cittadinanzattiva un protocollo per la diffusione della Carta della qualità in tutti i reparti chirurgici della regione; stesso obiettivo nella Regione Toscana che, attraverso il Centro gestione rischio clinico del paziente, fornirà anche un supporto tecnico scientifico per la attuazione della Carta stessa.

“Il nostro impegno da anni è la tutela del cittadino che si gioca non solo con la denuncia ma anche con la promozione e diffusione delle buone pratiche in sanità”, ha detto Francesca Moccia, coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. “La Carta della qualità in chirurgia rappresenta una grande sfida per avverare il nostro sogno: avvicinare sempre di più gli ospedali ai cittadini. Per questo ci stiamo impegnando affinché essa sia diffusa nel maggior numero di ospedali ed in particolare nei reparti di chirurgia”.

Gli impegni formalizzati nella Carta della qualità in chirurgia sono riassumibili in sette principi: accoglienza, informazione, organizzazione, consenso informato, sicurezza e igiene, innovazione e dimissioni. “Da una nostra prima ricognizione - continua Moccia emerge che, grazie alla sottoscrizione della Carta e alla collaborazione tra cittadini ed operatori sanitari, questi reparti hanno raggiunto un livello quasi accettabile di sicurezza. E’ ancora necessario lavorare su alcuni aspetti. Innanzitutto sull’area della accoglienza, che non richiede ingenti investimenti economici, ad esempio migliorando la segnaletica e rendendo più confortevoli le sale di attesa”.

ACCOGLIENZASui primi 25 reparti che hanno dichiarato quanto resta da fare per la sicurezza, più della metà deve migliorare la segnaletica e renderla comprensibile per orientare al meglio il paziente che accede nel reparto; in 10 casi la sala di attesa va resa uno spazio più confortevole nel rispetto di adeguati standard igienici; in 7 su 25 non è possibile per il paziente scegliere tra diversi menu tenendo conto dello stato di salute o del credo religioso. In 5 casi i pazienti non hanno a disposizione una bacheca informativa o un luogo dedicato e sempre accessibile per avere tutte le informazioni utili per far fronte anche ad eventuali emergenze.

SICUREZZA E IGIENE Per quanto riguarda la sicurezza, in 10 reparti mancano cartelli per le uscite di sicurezza e norme di comportamento da seguire in caso di emergenza scritti in più lingue; in 5 casi non si adottano sufficienti misure per garantire la prevenzione delle cadute accidentali; in 6 casi mancano istruzioni per pazienti che necessitano di particolare protezione. In 4 casi in sala operatoria non sono in atto procedure che accompagnano il paziente fin dall’ingresso, che garantiscano ad esempio identificazione, la parte del corpo da trattare, il controllo della strumentazione e del numero delle garze all’inizio e alla fine dell’intervento, monitoraggio nella fase di risveglio.

ORGANIZZAZIONENon sono in atto, in 6 reparti, protocolli e procedure per la prevenzione e la gestione dei rischi clinici. In altrettanti reparti non viene registrato il dolore in cartella clinica. CONSENSO INFORMATO In 4 casi manca nel modulo l’indicazione della possibilità di revocare un consenso già accordato.

In generale tutti i reparti hanno ancora da fare (nessuno dichiara che tutti i principi sono già rispettati), mentre 20 reparti dichiarano che durante la degenza ogni paziente ha a disposizione un medico di riferimento che lo ascolta, lo informa e lo accompagna.

Redazione Online

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