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Editoriali

Il Punto In questi giorni qualcosa di nuovo sta succedendo nella vita dei cittadini e delle loro organizzazioni. Nel giro di poco tempo sono avvenuti alcuni fatti significativi: il governo ha approvato un disegno di legge sulla sanità che assegna un grande ruolo ai cittadini e, nel contempo, il Ministero della salute ha stipulato una convenzione con Cittadinanzattiva per realizzare su tutto il territorio nazionale l’Audit civico, vale a dire il controllo diretto degli utente sulla qualità dei servizi.

  

Nella Legge finanziaria non solo è stata inserita la class action come strumento di tutela dei consumatori, ma si prevedono modalità di partecipazione nell’ambito dei servizi pubblici locali, riprendendo gran parte delle proposte avanzate dal nostro Movimento. Il 27 novembre il Ministro Clemente Mastella ha sottoscritto un protocollo d’intesa con Cittadinanzattiva che riconosce ai cittadini un ruolo attivo, di controllo e di proposta, per il miglioramento del servizio giustizia. Il 23 novembre in 10.000 scuole si è celebrata la Giornata nazionale sulla sicurezza con la collaborazione delle istituzioni nazionali e locali a dimostrazione di quanto sia ormai evidente che i cittadini hanno un ruolo fondamentale nella riforma delle istituzioni scolastiche.

 

Infine il 12 dicembre il Movimento è andato a Bruxelles per ritirare il premio conferitole dal Comitato economico e sociale per la Carta europea dei diritti del malato, considerata una delle iniziative più innovative per promuovere la cittadinanza europea. Da queste novità emergono due considerazioni. Sta sicuramente facendosi strada, nei settori più illuminati della classe politica, l’idea che, alla crisi ormai irreversibile degli assetti istituzionali tradizionali, si risponde anche “aprendo le porte” e facendo spazio. L’arroccamento e l’arroganza, accumulata in anni e anni di noncuranza nei confronti dei cittadini, hanno trascinato il nostro paese in una situazione di totale sfiducia nelle istituzioni e nei suoi rappresentanti. La partecipazione civica, nella sanità, nei servizi, nella scuola, nella giustizia, diventa quindi uno strumento per rispondere in modo costruttivo a tale crisi. A quanto pare  alcuni lo hanno capito, o quantomeno ci provano!

 

La seconda considerazione riguarda i cittadini, il loro ruolo e la loro responsabilità. Entrare nel merito dei contratti di servizio tra un comune e l’azienda erogatrice o promuovere un’azione collettiva a tutela di consumatori truffati dalle banche o, ancora, dare o meno un incentivo ad un dirigente sanitario a seconda dei risultati dell’Audit civico nella sua azienda, sono azioni che cambiano il compito di una organizzazione civica. Sicuramente aumenta la necessità di avere competenza o, quantomeno, di circondarsi di persone esperte in materia. Ma il problema non è solo questo (la società civile è piena di gente competente e volenterosa!), ma investe l’identità politica dei soggetti dell’attivismo civico. Due sono le parole d’ordine che potrebbero in questo momento comporre tale identità: essere indipendenti e avere coraggio.    

 

L’indipendenza si misura con la capacità di assumersi responsabilità nuove senza farsi cooptare. E’ lunga la lista di situazioni nelle quali la partecipazione a progetti e strumenti istituzionali ha portato l’associazionismo a perdere la sua autonomia. Ma per il rinnovamento del paese non serve l’omologazione ma la conservazione della differenza, la laicità nell’approccio alla realtà e la capacità di mantenere i legami. Si tratta di una grande sfida, ma è proprio su questo tratto identitario che si ha la possibilità di costruire una nuova classe dirigente del paese, che per essere tale deve essere diversa ed autonoma. E’ facile essere indipendenti quando non si hanno responsabilità. Ben più duro è esserlo quando “ci si sporca le mani”.    

 

Avere coraggio significa invece andare fino in fondo. Partecipare ad un nucleo di valutazione dei dirigenti pubblici o alle trattative per le tariffe dei taxi o, ancora, ad un tavolo sulla sicurezza delle scuole o sulla qualità della giustizia, non ha un valore in sé o non ha solo questo. In Italia ci sono migliaia di commissioni in cui siedono anche rappresentanti dei cittadini e che non servono a niente, se non a dare un “posticino” a qualcuno. Il senso di questa presenza sta invece nella capacità di usare tali occasioni per cambiare la vita delle persone, per rendere, ad esempio, la sanità più umana o i servizi più efficienti. Sembra una affermazione ovvia, ma gli ostacoli che si incontrano quando si vuole fare sul serio sono tanti ed è molto facile smarrirsi per strada. E allora, occhio ai risultati, bando alle ingenuità, attenzione alla concretezza!

 

Teresa Petrangolini
Segretario generale di Cittadinanzattiva

 

Redazione Online

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