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Editoriali

punto_2008-02-06Nel mese di marzo Cittadinanzattiva ha deciso di intraprendere la strada della Class Action nella Pubblica Amministrazione, usando quanto previsto nella Legge Brunetta (Dlg. 198/09). Sono partite sette diffide, come atti preliminari all'azione vera e propria, incentrate su alcuni problemi di grande interesse e grande sofferenza per i cittadini: il rispetto delle regole per l'accertamento dell'invalidità civile, i tempi di rilascio dei permessi di soggiorno, le procedure di rimborso per il pagamento improprio del servizio di depurazione delle acque reflue, gli abusi di Equitalia e le ipoteche sui mancati pagamenti. Cosa ne è venuto fuori? Una reazione molto pronta da parte della Questura di Roma circa i permessi di soggiorno, risposte alterne sulle acque reflue (ha risposto e si è attivato un Comune dei tre diffidati), silenzio da parte di Equitalia-Gerit del Lazio. La risposta più assurda e "irricevibile" è arrivata dall'Azienda sanitaria di Reggio Calabria che per l'invalidità civile propone come data di avvio della procedura quella di ricevimento della diffida, azzerando il diritto a veder concluso l'iter entro 90 giorni dalla domanda del paziente ed ignorando la già lunga attesa dei cittadini. Ovviamente Cittadinanzattiva proseguirà la sua azione e valuterà in quali casi, dopo i 90 giorni a disposizione della PA per "reagire" alla diffida come previsto dalla legge, avviare la class action vera e propria. In positivo c'è da dire che molti cittadini, letta la notizia sul sito e sulla stampa, si stanno rivolgendo a noi per proporre diffide, soprattutto in materia di pagamenti impropri sulla depurazione delle acque reflue e sui permessi di soggiorno.
Questa vicenda ci ha permesso di riflettere, fuori da ogni accento polemico pro o contro il Ministro Brunetta, sulla validità o meno dello strumento che permette una azione del cittadino e delle Associazioni se l'amministrazione pubblica o i concessionari di servizi pubblici ha violato gli standard previsti
Andiamo a vedere i difetti. Non è previsto il risarcimento in caso di violazione di un diritto e di uno standard riconosciuto. Non solo: non ci devono essere oneri per la P.A.. Ciò significa che è dubbia la possibilità di intentare una azione – ad esempio in caso di mancato rispetto dei tempi delle liste di attesa in sanità – se il rispetto degli standard previsti comporta oneri per la PA (acquisto di macchinari, ore di lavoro in più, ecc.). Nel caso poi che i soggetti coinvolti siano i concessionari di pubblici servizi (Poste, ferrovie, energia, servizi pubblici locali, ecc.) gli strumenti di tutela già previsti da altre norme sono migliori e più efficaci, con la previsione ad esempio di procedure di conciliazione ed indennizzi., nonché con la stessa azione collettiva risarcitoria inserita recentemente nel Codice del consumo. Quindi usare la class action di Brunetta in questi casi non conviene. Altri difetti: non ci sono deterrenti per le amministrazioni inadempienti; si paventa un commissariamento dell'Ente, ma non vi è la certezza dell'ottenimento del diritto. In ultimo la questione degli standard: sono validi quelli già previsti nelle Carte dei Servizi e nelle Leggi o bisogna emanare un DPCM per regolare la materia? Alcune associazioni di consumatori hanno già denunciato Il Ministro della Funzione Pubblica per non aver ancora emanato l'atto e quindi resa inattuabile la norma. Cittadinanzattiva ha invece agito, facendo riferimento alle norme esistenti, sulla base di quanto sostenuto da CIVIT, la Commissione indipendente per la valutazione nella PA. Ma la questione non è ancora risolta.
I pregi. E' comunque uno strumento in più, da utilizzare in modo appropriato, ma da utilizzare comunque; mette in campo l'Autorità amministrativa e quindi usa i TAR per ottenere il rispetto degli standard favorevoli ai cittadini; provoca immediatamente un procedimento interno di verifica e/o di risposta sin dall'azione preliminare di diffida (vedi Questura di Roma); assegna un ruolo importante alle associazione dei cittadini, a supporto delle esigenze degli utenti della PA; produce un danno, non patrimoniale, ma sicuramente "reputazionale" alla amministrazione inadempiente, dato che i procedimenti intentati devono essere pubblicati; rende finalmente gli standard una cosa seria, assegnando loro una funzione di regolazione e di vincolo che non hanno mai avuto. Di standard sono piene leggi e Carte dei servizi, ma mai sono stati considerati obblighi dei quali rispondere ai cittadini.
Detto tutto questo che cosa bisogna chiedere alla Amministrazione pubblica per rendere più forte questo istituto? Innanzitutto rendere meno oneroso l'uso dello strumento, magari con sgravi fiscali sulle procedure, esenzioni dal credito d'imposta, e così via, come è già previsto per altre attività di tutela del cittadino. Questo è indispensabile perché il cittadino non riesce a capire perché deve pagare un atto che serve per godere di un diritto che già ha e che è stato violato. E' un po' come subire il danno e la beffa insieme: non solo non ti indennizzo ma devi pagare in più per avere il diritto al rinnovo del permesso di soggiorno!
Servirebbe poi sicuramente un osservatorio che elabori via via linee guida che, alla luce delle esperienze realizzate, faciliti l'applicazione e il rispetto delle norme. Per fare questo si dovrebbe seguire l'esempio di dialogo e di collaborazione sugli strumenti di tutela messo in campo dall'Autorità dell'energia e del gas con le associazioni dei cittadini e dei consumatori: si lavora insieme, ci si confronta, si sperimenta, ognuno con il proprio ruolo ma con un intreccio di esperienze e di competenze che servono a rendere più efficace l'azione del soggetto pubblico e più certa la protezione del cittadino. Ma la nostra Pubblica Amministrazione è pronta a fare questo salto di qualità nella rottura dell'autoreferenzialità?

Teresa Petrangolini
Segretario generale di Cittadinanzattiva

Redazione Online

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