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Editoriali

punto_14_01_10In merito alla recente Circolare emanata l' 8 gennaio dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, "Indicazioni e raccomandazioni per l'integrazione di alunni con cittadinanza non italiana", riteniamo vada apprezzato lo sforzo di fornire delle indicazioni di carattere nazionale, dotate di una loro coerenza ed organicità ma non possiamo non evidenziare limiti, dubbi ed interrogativi che non trovano risposta pure ad una attenta lettura dell'intero testo e conducono inevitabilmente a considerazioni e questioni di carattere più generale.

Un rischio evidente
La Circolare prevede che le iscrizioni dei minori non italiani per classe dal prossimo anno scolastico non dovranno superare il 30% degli iscritti.
Come verrà concretamente applicata questa nuova norma? Chi vigilerà sulla sua applicazione?
Diciamo questo perché forse pochi sanno che un tetto al numero di alunni stranieri nelle scuole italiane c'era già, fin dal 1999, previsto dal dpr 394/1999, tuttora vigente, che prevede all'art. 45 un tetto massimo del 50% per evitare "la costituzione di classi in cui risulti predominante la presenza di alunni stranieri". Sorge allora spontaneo chiedersi come mai non si sia mantenuto quel limite e se, come sembra, sia stato spesso superato nella realtà (490 istituzioni scolastiche sono già molto al di sopra della percentuale prevista), come mai non sia stata fatta rispettare questa norma e perché ora dovrebbero cambiare le cose tanto più in presenza di una norma maggiormente restrittiva.

Un limite di fondo
Questa circolare sottolinea diversi aspetti legati al fatto di favorire il più possibile non solo l'inclusione degli alunni non italiani ma anche la loro scolarizzazione (almeno dell'obbligo) anche per prevenire una serie di criticità, quali ad esempio la dispersione, l'abbandono o l'insuccesso scolastico ma non ne cita uno, a nostro parere essenziale: il diritto di cittadinanza. Purtroppo è questo il suo principale limite: non affronta il tema delle lungaggini e difficoltà per l'acquisizione del diritto della cittadinanza italiana e non individua delle vie preferenziali, per ottenerla, come potrebbe essere quello di aver completato il ciclo di scuola dell'obbligo.
Ci chiediamo: a cosa serve regolamentare e garantire il diritto allo studio degli studenti stranieri o favorire l'acquisizione di un titolo di studio o il completamento di un percorso di formazione professionale, se poi tutto ciò non conta nulla sui criteri o sui tempi di acquisizione della cittadinanza italiana e conseguentemente, sull'avvio di una professione regolare? Una proposta di legge bipartisan sull'argomento prevede espressamente di tenerne in giusto conto (proposta di legge n. 2670 Sarubbi e Granata).

Gradualità sì, sperimentazione no: perché?
La decisione del Ministro Gelmini di applicare questo limite del 30% in modo graduale, a partire dalle prime classi dei diversi ordini scolastici è sicuramente una modalità prudenziale ma, a nostro avviso, non sufficiente. Sarebbe stato, infatti, preferibile prevedere una introduzione sperimentale di questa norma per la durata di un anno scolastico (così come è stato saggiamente fatto per l'insegnamento Cittadinanza e Costituzione) per verificarne gli effettivi risvolti, i risultati operativi, le buone pratiche (che effettivamente ci sono) ed eventualmente apportare i conseguenti correttivi.


Ampliamento delle condizioni per il superamento del limite del 30%
La Circolare prevede già alcune condizioni, come quella di lasciare fuori dalla percentuale di alunni stranieri per classe quella riguardante gli alunni stranieri nati in Italia aventi "una adeguata competenza della lingua italiana". In parole povere: il computo degli studenti stranieri nati in Italia (cioè quelli di seconda generazione) non dovrebbe rientrare nella percentuale del 30%. Però ci chiediamo: come mai non possono rientrare nella stessa "categoria" i bambini non nati in Italia ma arrivati in Italia da piccolissimi e che per questo, nella gran parte dei casi, conoscono e parlano la lingua italiana perfettamente e sono anche pienamente integrati?
Apprezzabili, invece, altre situazioni previste dalla Circolare, perché tengono conto sia delle peculiarità territoriali che dell'autonomia didattico -organizzativa delle istituzioni scolastiche, che delle buone pratiche già realizzate da molte scuole.

Con quante risorse finanziarie si pensa di sostenere l'applicazione di questa circolare?
Ai finanziamenti necessari per l'avvio di corsi pomeridiani, di classi "temporanee o di attività di sostegno linguistico si accenna solamente e in modo molto sfumato mentre ci sembra che questo aspetto rivesta un'importanza strategica e chiediamo al Ministro di far conoscere l'entità delle risorse e i criteri di distribuzione.
Ci sembra essenziale che il Governo provveda anche ad individuare altre modalità di sostegno alle famiglie degli alunni non italiani come:
- agevolazioni economiche per il servizio mensa, il tempo pieno e altri servizi offerti dalle scuole in fascia pomeridiana per favorire un inserimento precoce e intensivo, attraverso un'immersione linguistica ma anche culturale di ogni alunno non italiano, ricca di occasioni di scambio e interazione informali e collettive;
- "un'informazione puntuale e mirata alle famiglie degli alunni stranieri" (come prevede la Circolare) non solo nella fase iniziale, quella che precede l'offerta scolastica e l' inserimento dell'alunno nel sistema scolastico italiano, ma anche periodicamente, in tutte le fasi del percorso didattico, allo scopo anche di creare un canale di comunicazione stabile che, attraverso figure specifiche (es. mediatori culturali ma non solo) possano coinvolgere l'intera famiglia nel processo di integrazione;
- programmi ed interventi personalizzati nei confronti degli alunni stranieri come il testo prevede, che, a nostro parere sarebbero i più efficaci ed adatti rispetto a corsi o attività collettive anche se in piccoli gruppi. Ma come garantirli in una fase in cui l'organico della scuola italiana, soprattutto quello della scuola primaria e dell'infanzia, risulta fortemente ridotto e impossibilitato a garantire i servizi ordinari?

Ma il sostegno e la formazione ai docenti chi la garantisce?
Un elemento di debolezza ci sembra quello di non aver previsto neanche l'avvio di un programma formativo e di sostegno rivolto ai docenti e alla produzione di sussidi specifici, soprattutto delle scuole dell'infanzia e primaria, sui quali ricade quotidianamente la gestione didattica, linguistica, culturale ed umana degli alunni italiani e non. Per questo crediamo che utilizzare le buone pratiche già realizzate in altri paesi europei potrebbe rappresentare un buon punto di partenza.

Adriana Bizzarri
Coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva


Redazione Online

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