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Editoriali

Da diversi anni il tema delle liste di attesa è quotidianamente sulle pagine dei giornali, o nei servizi di radio e tv. Non si tratta certo solo di un problema legato alle cronache, come testimonia il lavoro che conduciamo come Tribunale per i diritti del malato da diversi anni. Sono molti i problemi che portano a questo stato di cose. Certamente, in molti casi, la cattiva organizzazione del lavoro, che equivale a dire, ad esempio, macchinari utilizzati molto al di sotto delle loro possibilità. A questo si aggiunge, in molti casi, la ristrettezza di risorse economiche, con i conseguenti problemi relativi all'effettivo numero di operatori disponibili, o alla possibilità di fare una manutenzione efficace.

Ma, come dicevo all'inizio, ogni affermazione rischia di sembrare una visione parziale e non esaustiva del problema. Certo è che per molti cittadini diventa davvero insopportabile assistere ad alcuni episodi particolari, di cui cercherò di parlare brevemente.

 

Anzitutto, il fenomeno delle “liste chiuse”. Questo consiste nel sospendere le prenotazioni per una determinata prestazione una volta che si raggiunga un tempo di attesa considerato “limite”. In soldoni, chi ha la sfortuna di chiamare o di recarsi presso la ASL quando questa lista è considerata satura si sentirà dire: le prenotazioni sono chiuse, torni il giorno x. Quello che, ad esempio, sta accadendo in questi giorni alla Asl di Chieti, in cui le prenotazioni per la mammografia vengono aperte e chiuse in brevissimo tempo, proprio per la forte richiesta. E' importante sottolineare come le “liste chiuse” siano vietate per legge, e che il problema non riguarda di certo solo Chieti. Ma è una certezza invece che nessuno si occupa di comminare multe a chi continua a farlo, in barba ai divieti.

 

In secondo luogo, le differenze nei tempi tra il canale normale e l'intramoenia. L'intramoenia è la possibilità riconosciuta ai professionisti che hanno scelto di lavorare solo all'interno del Servizio sanitario pubblico, di svolgere attività privata all'interno delle strutture Asl, prendendo “in affitto” stanze e macchinari, in cambio di un prezzo a prestazione concordato, e  in generale minore di quello praticato nel canale privato. Il problema sorge  quando i tempi di attesa per lo stesso tipo di prestazione sono enormemente diversi, attese lunghissime nel canale tradizionale, risibili se fatte in intramoenia. E questa situazione è davvero molto diffusa. Di fatto, il cittadino si trova di fronte ad una scelta, che spesso viene avvertito come un ricatto: aspettare per  non pagare (a mio rischio e pericolo), o pagare e ottenere subito?

 

Come Tribunale da diversi anni stiamo sottolineando come il tema delle liste di attesa sia uno dei più importanti, in termini di accessibilità e di efficacia del sistema. E' questo uno dei motivi per cui abbiamo deciso di renderlo centrale anche nella campagna legata ai trent'anni della nostra attività. La Carta Europea dei diritti del malato rappresenta lo strumento attraverso il quale affermiamo anche la necessità che i tempi siano adeguati alle reali esigenze dei cittadini.

 

Il decreto legge sul governo clinico, attualmente in discussione, non affronta seriamente questa questione. Anzi, nella sostanza conferma il sistema attualmente in vigore, con i limiti evidenti di cui ho parlato in precedenze. E' necessario quindi, a nostro parere, migliorare il testo, intervenendo sugli aspetti problematici, e varando misure veramente in grado di sanzionare le strutture inadempienti, così come le diverse Regioni che, ad esempio, a tutt'oggi non rendono trasparenti i tempi di attesa medi delle proprie ASL. Accanto a questo, prevedere finalmente un sistema premiante per chi investe a favore dell'accesso, della qualità e della diritti dei cittadini.

Francesca Moccia
coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva.

Redazione Online

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