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Gli infermieri forniscono ai cittadini informazioni chiare e comprensibili e li supportano nella gestione della patologia. Ma, agli occhi del paziente, appaiono spesso impegnati anche in eccessive attività burocratiche e di conseguenza molti vorrebbero più infermieri a disposizione per l’assistenza. La gran parte dei cittadini inoltre accoglierebbe con favore l’istituzione degli infermieri di famiglia ed anche la presenza degli stessi all’interno delle scuole. I cittadini sanno che sono professionisti laureati, che sono loro a fare il triage al pronto soccorso, ma sono meno informati del ruolo dell’infermiere nell’educazione su stili di vita e gestione delle patologie.

Sono questi alcuni dei risultati dell’Osservatorio civico sulla professione infermieristica, promosso da Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato insieme alla Fnopi (Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche), e presentati oggi in occasione del Congresso nazionale Fnopi. L’indagine, con l’obiettivo di raccogliere l’esperienza dei cittadini nel loro rapporto con la figura professionale dell’infermiere, è stata condotta attraverso 34 sedi territoriali del Tribunale per i diritti del malato dislocate in 15 Regioni, e attraverso la collaborazione di: AISLEC, ALICE ITALIA, AMRI, ANIMO, ASBI, ASSOCIAZIONE PAZIENTI BPCO, FNOPI Roma, GFT (Gruppo Formazione Triage) e UILDM. La rilevazione conta su 1895 cittadini intervistati.

“Per i cittadini il lavoro svolto dagli infermieri è decisamente positivo e anche per questo li considerano una risorsa sulla quale il Servizio Sanitario Nazionale può e deve investire di più al fine di garantire maggiore accesso, qualità e sicurezza delle cure. Servono più infermieri, in particolare nei servizi sanitari territoriali, più tempo dedicato all’assistenza e meno alla burocrazia. Ma soprattutto serve che anche le Istituzioni riconoscano sempre di più le competenze e il contributo che la professione infermieristica può garantire all’innovazione organizzativa e quindi alla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale” –  queste le dichiarazioni di Tonino Aceti, Coordinatore Nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, che continua -  “blocco del turn over, blocco dei contratti, tempari e minutaggi sono state le principali leve del governo del personale sanitario del SSN messe in atto in questi anni, ma che ora bisogna superare se si vuole dare risposte ai bisogni e alle criticità segnalate dai cittadini. E’ necessario che nel disegno dell’organizzazione dei servizi sanitari e nella progettazione e implementazione delle tecnologie sia garantito il coinvolgimento dei professionisti sanitari e dei cittadini, al fine di ridurre il rischio di inefficienze e aumentare le capacità di risposta del sistema. Anche se i risultati di questo Osservatorio Civico ci restituiscono una bella fotografia del lavoro svolto dagli infermieri, l’obiettivo è mettere a punto ed attuare le azioni di miglioramento necessarie. Proprio su questo si concentrerà l’impegno e la collaborazione, già nelle prossime settimane, tra il Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva e la Fnopi”.

In 4 casi su 5 i cittadini riconoscono facilmente gli infermieri tramite elementi identificativi e vedono tutelata la propria privacy nel 70% delle situazioni. Gentilezza e cortesia durante l’assistenza viene riferita nell’88% dei casi, mentre valori più bassi si riscontrano su “empatia” e disponibilità all’ascolto che comunque si riscontrano nel 72%  dei casi. Solo 1 infermiere su 5 non ha dedicato il tempo necessario per informare e rispondere ad eventuali domande del cittadino/paziente contro l’80% degli infermieri che ha fornito informazioni chiare e comprensibili. Prima di esami, terapie e trattamenti, il professionista ha spiegato cosa stava per fare nel 72% dei casi e, di fronte a ritardi o problemi organizzativi, nella metà delle situazioni ha informato per tempo e aggiornato il cittadino.

Fuori dall’ospedale, circa 3 cittadini su 5 affermano di essere stati supportati dall’infermiere a gestire la patologia ed i trattamenti, riferendo inoltre, in almeno 1 caso su 2, come il professionista abbia organizzato il calendario delle visite e dei successivi esami (55%). C’è ancora da lavorare sulla formulazione del piano di assistenza mirato alla persona e ai suoi bisogni che, in quasi 2 casi su 5 (39%), non vede protagonista attivo l’infermiere.

Poco meno della metà dei cittadini conferma che l’infermiere di riferimento si è attivato per fornire orientamento nell’accesso ad eventuali altri servizi, garantendo continuità di assistenza tra ospedale e territorio. Più in generale 1 infermiere su 2 (54%) risponde ai bisogni assistenziali della persona, compresi quelli psicologici e sociali.

Il 65% circa dei cittadini constata come l’infermiere abbia lavorato in modo coordinato ed integrato con medici ed altri professionisti sanitari, tuttavia viene segnalato che quasi 1 infermiere su 4, indagata la presenza di dolore, non si è coordinato con altri professionisti, per gestirlo in modo tempestivo.

Durante l’assistenza infermieristica, quattro su cinque si sentono molto o abbastanza sicuri; mentre resta un 17% circa che non ha avuto questa stessa sensazione.

Il 52% circa dei cittadini, inoltre, reputa insufficiente il numero degli infermieri e ne chiede un potenziamento per evitare che i carichi burocratici, che quasi un paziente su due vede pesare eccessivamente sugli infermieri, incidano negativamente su qualità e sicurezza dell’assistenza.

Non solo in ospedale. Più infermieri sul territorio: 3 cittadini su 5, ovvero il 78% riterrebbe utile poter scegliere e disporre di un infermiere di famiglia come si fa con il medico, in particolar modo (80%) per poterlo consultare in caso di lesioni da decubito. Infine, l’84% accoglierebbe volentieri un infermiere nei plessi scolastici.

Cosa sanno i cittadini degli infermieri. Gli intervistati sono consapevoli (79% circa) che per diventare infermiere occorre la laurea; circa uno su due (53%) sa che si tratta di una professione sanitaria che opera in autonomia e non più ausiliaria di quella medica. Buona la conoscenza dell’infermiere che opera in ambito palliativo, preventivo, curativo e riabilitativo (71%) così come l’83% sa che tra le competenze infermieristiche c’è anche quella di valutare la gravità del caso e assegnare il codice di priorità al Pronto Soccorso. Tra le competenze dell’infermiere che si conoscono meno ci sono: educazione sanitaria (44%); supporto all’autogestione delle persone con malattie croniche/rare (37%); supporto per l’aderenza alle terapie (32%); orientamento ai servizi (44%).

Ufficio Stampa

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