Si è celebrata lo scorso 7 aprile la 72esima Giornata Mondiale della Salute, la terza in epoca di pandemia. Pandemia da COVID-19 che, se da un lato ha generato una crisi economica e sociale senza precedenti, dall’altro ha riaffermato il valore della salute come elemento indispensabile per la crescita economica e sociale del nostro Paese, e ha evidenziato l’urgenza di aumentare gli investimenti in sanità e attuare una riforma dell’assistenza sanitaria sul territorio. La riforma della sanità del territorio e il DM71 delineano il nuovo modello di assistenza sanitaria di prossimità. All’interno del Distretto socio-sanitario, si trovano anche le Case di Comunità, come luogo fisico di prossimità attraverso il quale la comunità può entrare in contatto con il sistema di assistenza sanitaria e sociosanitaria. Ma quali sono i bisogni prioritari e le aspettative dei cittadini in riferimento a tale riforma?
Secondo la survey “La sanità che vorrei”[1] realizzata nell’ambito dell’iniziativa Meridiano Sanità[2] in collaborazione con Cittadinanzattiva, la quasi totalità degli italiani (96,7% dei rispondenti) apprezza le Case della Comunità, soprattutto per la presenza, in un unico luogo, di più professionisti sanitari e per il coordinamento tra gli interventi sanitari e socio-sanitari (secondo il 65% e il 58% dei rispondenti). Se i più giovani apprezzano anche la disponibilità dei servizi 12 ore al giorno 7 giorni su 7, chi presenta delle multicronicità vede nella Casa di Comunità anche un luogo di semplificazione del percorso di cura. In aggiunta, in quanto primo punto di contatto tra la comunità e il sistema socio-sanitario, i cittadini valutano positivamente l’ampliamento delle attività in carico alle Case di Comunità nella direzione di maggiore attenzione alla promozione della salute, al supporto psicologico e al sostegno per la terza età e di garanzia della multidisciplinarietà della presa in carico e dell’integrazione con le altre strutture del SSN. Tra i pochi che mostrano alcune perplessità emerge la paura che numero e/o collocazione delle Case della Comunità non garantiscano un’effettiva prossimità dei servizi al cittadino; timore avvertito soprattutto in Lombardia, Veneto e Umbria e da chi risiede in zone rurali. Tra i più giovani, anche il timore che la concentrazione di molti servizi in un unico luogo possa generare lunghe attese nell’accesso.
Una delle figure centrali per il cittadino è il medico di medicina generale che si prevede svolga una parte del proprio orario di lavoro all’interno delle Case di comunità, in collaborazione con gli infermieri di famiglia e gli specialisti ambulatoriali. Il medico di medicina generale si conferma figura chiave per il cittadino che gli riconosce una profonda conoscenza della sua storia clinica e un grande livello di fiducia. Chi abita in una zona rurale inoltre apprezza anche la facilità di contatto e comunicazione con il proprio medico. Ambiti di miglioramento riguardano la possibilità per i cittadini di eseguire esami di diagnostica di primo livello e una maggiore disponibilità di orari di visita; è richiesto anche un maggior utilizzo di strumenti digitali per facilitare la comunicazione soprattutto tra gli studenti e tra coloro impossibilitati a lavorare a causa di patologie croniche. In alcune Regioni, quali ad esempio il Friuli Venezia Giulia, la Basilicata e la Sicilia, si rileva una richiesta di un maggior utilizzo della telemedicina.
La farmacia rappresenta un altro player chiave all’interno della nuova assistenza territoriale che si va delineando. La pandemia ha portato a una forte accelerazione verso una piena attuazione della farmacia dei servizi, un attore indispensabile per costruire un nuovo modello di sanità basato sulla prossimità e sulla interconnessione, in coerenza anche con il PNRR. 3 cittadini su 5 sostengono che tra i servizi aggiuntivi da erogare in farmacia sarebbero maggiormente apprezzati l’accesso al sistema CUP per prenotare prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale presso le strutture sanitarie pubbliche e private accreditate e il pagamento dei ticket e il ritiro dei referti; anche un aumento delle iniziative di prevenzione sarebbe apprezzato. Tra gli over 75 risultano importanti, anche i servizi di supporto all’Assistenza Domiciliare e la consegna di farmaci a domicilio, opzione preferita anche da chi vive nelle zone rurali.
Con riferimento al sistema CUP, gli italiani apprezzerebbero che tutte le strutture sanitarie regionali fossero in rete (71% del campione) e che fosse disponibile la prenotazione on-line senza dover ricorrere all'operatore telefonico (68%). Gli over 65, così come gli abitanti della maggior parte delle Regioni del Sud, chiedono anche che sia garantito un tempo limitato di attesa al telefono.
“I risultati di questa indagine mostrano chiaramente come i cittadini avvertano con estrema urgenza la necessità di un sistema sanitario più accessibile, prossimo e vicino alle proprie esigenze, e riconoscano di conseguenza l’importanza di una riforma che va in questa direzione. La sfida del PNRR va vinta non solo costruendo strutture, ma dotandole anche di personale in numero adeguato e con la giusta formazione ed integrazione delle competenze. Bisogna sicuramente accelerare, inoltre, sulla cosiddetta farmacia dei servizi e sulla digitalizzazione, soprattutto a favore delle comunità delle aree interne del nostro Paese” – afferma Valeria Fava, responsabile coordinamento politiche della salute di Cittadinanzattiva.
In un contesto di crescente sensibilità verso gli aspetti connessi alla privacy dei pazienti, è stato chiesto ai cittadini per quali altre finalità sarebbero disposto ad autorizzare il trattamento dei dati sanitari. 7 su 10 hanno dichiarato che autorizzerebbero il trattamento dei propri dati per attivare servizi on line e per implementare il Fascicolo Sanitario Elettronico. Dalla survey emergono anche alcune differenze regionali: se in Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia i cittadini autorizzerebbero il trattamento dei propri dati anche per migliorare la qualità dei servizi, in Lombardia, Marche, Abruzzo e Valle d’Aosta l’autorizzazione sarebbe concessa anche per finalità di studio e ricerca.
“I risultati di questa indagine confermano gli elementi chiave della grande riforma della sanità che è in atto, con alcune indicazioni importanti in termini di priorità e di preferenze per i cittadini in base all’età, allo stato di salute e zona di residenza. Sono elementi fondamentali da tenere in considerazione nell’attuazione concreta per le autorità regionali e locali” – afferma Rossana Bubbico, Project Coordinator di Meridiano Sanità di The European House-Ambrosetti.
[1] Hanno risposto alla survey 1.119 cittadini italiani (campione composto per il 58,4% da donne e il 41,6% da uomini); il 60,7% ha un’età compresa tra 51 e 74 anni e il 22,4% tra 31 e 50 anni. In aggiunta il 48% è occupato e il 40% è in pensione. Con riferimento al territorio di residenza, il 41% proviene da Lombardia, Lazio e Veneto, il 37% abita in una grande città e il 33% in una città di provincia.
[2] La survey la sanità che vorrei è stata lanciata in occasione del XVI Forum Meridiano Sanità del 16 novembre 2021, che è stato realizzato con il sostegno non condizionante di Amgen, bioMérieux, MSD, Pfizer, Sanofi e con il contributo di FOFI e Incyte Biosciences.