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patto salute ca ipasvi 2015 02 19

Patto: l’importante è che c’è la salute
Patto per la salute al palo: Cittadinanzattiva e Ipasvi si impegnano  per definire standard nazionali dell’assistenza sanitaria territoriale

Un Patto per la salute nella direzione giusta per i suoi contenuti, meno per il metodo autoreferenziale, ma irrimediabilmente al palo per le sue realizzazioni: tutto si ferma – per ora – alle porte dell’ospedale.
Nel Patto sono state messe una serie di date e vincoli temporali in gran parte già scaduti senza seguito. E’ stato fatto  un ragionamento per spostare l’assistenza ai cittadini sul territorio anche con alcune idee innovative, ma per ora nulla si è visto.
E’ scritto chiaro che si debba continuare nel processo per una maggiore efficienza degli ospedali, definito dai nuovi standard, e si fa poi una riflessione importante sul territorio, sull’assistenza primaria, sulla prevenzione e su una risposta assistenziale  che non si limiti al solo momento del  ricovero.

Del Patto e dei suoi ritardi, delle carenze ancora esistenti sul territorio e delle possibili soluzioni ne dibattono, con i rappresentanti del ministero della Salute, dell’Agenas e delle Regioni, Cittadinanzattiva e Ipasvi nell'incontro di oggi a Roma nella Sala Capranichetta in Piazza Montecitorio 25. "E vogliamo farlo in modo costruttivo: Cittadinanzattiva e la Federazione Ipasvi danno da questo momento il via al lavoro per una proposta operativa di standard per il territorio che sottoporremo all’esame di Ministero e Regioni”, dichiarano  Tonino Aceti,  coordinatore nazionale del Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva e Annalisa Silvestro, senatore e  Presidente Federazione Nazionale Collegi IPASVI .

Secondo i dati dell’ultimo Rapporto Pit Salute del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, i principali problemi dei  cittadini nel 2013 hanno riguardato l’accesso alle prestazioni sanitarie (23,7% per  liste d’attesa, ticket e intramoenia) e l’assistenza sanitaria territoriale, (20,3%).  Dall’assistenza ricevuta da medici di base e pediatri di libera scelta (il 25,7%), ai servizi di riabilitazione (20,3%), di assistenza residenziale (17,3%) e domiciliare (14,2%).
Ancora, stando all’Osservatorio civico sul federalismo in sanità di Cittadinanzattiva, le risposte fornite dai servizi sanitari regionali per assicurare ai cittadini l’assistenza sul territorio, sono ad oggi troppo diversificate ed eterogenee. Nel 2012 risultano 49 Case della Salute in Emilia Romagna, 16 in  Toscana. In Liguria, invece 7 Unità Complesse di Cure Primarie;  in Calabria 6 Nuclei di Cure Primarie (studi medici associati), ecc.
Nella provincia di Trento la percentuale di posti letto per assistenza residenziale ogni mille abitanti è pari al 42,9%, in Lombardia  al 28,8 %, in Veneto al 27,7%;  0,4% in  Sardegna e  0,9% in Campania.
Nel 2012 l’Emilia Romagna ha trattato in Assistenza Domiciliare una percentuale di persone anziane pari a 11,94%, mentre sono al di sotto del 3% Valle d’Aosta, Provincia di Bolzano, Toscana, Piemonte, Puglia e Campania, con una media nazionale del 4,3%.

“Vogliamo riflettere su cosa possono fare i cittadini e cosa i professionisti, di cui gli infermieri sono la parte prevalente nel  Servizio sanitario nazionale e non solo – sottolinea Annalisa Silvestro, senatrice e presidente della Federazione nazionale Ipasvi - per sostenere, spingere, collaborare alla realizzazione del Patto per la salute”.

Il territorio secondo il Patto è fatto di  continuità assistenziale, ospedali di  comunità, assistenza domiciliare e così via: tutti interventi coordinati dalla cabina di regia del Nsis per la verifica dei processi e della correttezza ed efficienza. E nel Patto si sottolinea l’importanza di supportare i rapporti tra le professioni, che devono lavorare in maniera integrata e multidisciplinare  per raggiungere i risultati voluti. Sono obiettivi assolutamente positivi e condivisibili; ma cosa c’è, anche solo di impostato, finora?

Gli impegni che Governo e Regioni hanno preso con il Patto per la salute vanno mantenuti”, ha aggiunto Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. ”Ad oggi quasi tutte le scadenze previste sono state bucate”, ha continuato, “e si rischia di continuare di questo passo se le risorse economiche diventano l’unica determinante alle riforme strutturali ed organizzative di cui cittadini, personale e servizio sanitario hanno bisogno. I cittadini necessitano di un’assistenza territoriale che sappia dare risposte tempestive ed appropriate. Soprattutto ora che sono stati approvati gli standard ospedalieri. Troppe volte infatti abbiamo assistito al taglio di posti letto con la promessa di rilanciare il territorio senza che poi questo sia realmente avvenuto”.

“Le risorse non possono rappresentare un alibi al cambiamento”, ha ancora aggiunto Aceti. In caso contrario, a rimetterci saranno ancora una volta le persone: sia coloro che hanno bisogno del Servizio Sanitario Nazionale, sia coloro che ci lavorano. Già oggi i LEA sono garantiti in sole 10 Regioni. Non si torni indietro sulle decisioni assunte dal Parlamento sul finanziamento del SSN definito dalla Legge di Stabilità: il  recupero dei 5,7 miliardi delle Regioni deve avvenire senza tagli a Fondo Sanitario Nazionale, a servizi sanitari né con l’aumento di ticket e tasse. Piuttosto si faccia una vera spending review. Cioè una riqualificazione della spesa e dei servizi che aggredisca inefficienze, sprechi, corruzione, privilegi, dentro e fuori dal Servizio Sanitario Nazionale”.

Anche la partita dell’umanizzazione – una delle novità maggiormente sottolineate al momento dell’approvazione del Patto - quell’attenzione cioè che l’organizzazione del servizio e i professionisti devono avere nei confronti dei cittadini “centro del sistema” è congelata.

“Far decollare il Patto in questo senso – aggiunge Silvestro – si riverbera anche sul personale, vero motore del sistema: si impone la necessità di reclutamento di professionisti, perché senza di loro, qualità e umanizzazione non si fanno. In pochi non si raggiunge l’efficienza e l’efficacia degli interventi: a mancare è soprattutto il tempo per fermarsi vicino al paziente, parlargli, comprendere i suoi bisogni  e ritarare la risposta sanitaria per andare incontro alle sue esigenze. Allora – conclude – mettiamoci tutti insieme - Regioni, ministero, Agenas con il compito di coordinare, orientare, supervisionare e vigilare – per realizzare finalmente qualcosa  che metta al centro le necessità dei pazienti, dia soddisfazione ai professionisti e rafforzi le  istituzioni”.

“Vogliamo dare un apporto costruttivo – concludono Cittadinanzattiva e Federazione Ipasvi -  da questo momento lavoreremo per una proposta operativa condivisa di standard per il territorio che consegneremo a ministero e Regioni”.

Ufficio Stampa

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