Una Matrice per la qualità delle pratiche partecipative in sanità che, partendo dall’individuazione dei rischi e delle opportune azioni per minimizzarli, diventi uno strumento utile per le istituzioni, al fine di improntare e modificare in corso d’opera le pratiche partecipative nelle politiche sanitarie pubbliche e garantire un effettivo ed efficace coinvolgimento dei cittadini.
E’ questo il risultato presentato oggi a Roma nel corso dell’evento conclusivo del progetto “Consultazione sulla partecipazione civica in sanità”, promosso da Cittadinanzattiva con il contributo non condizionante di Novartis,
La Matrice è il risultato finale del processo di consultazione, promosso da Cittadinanzattiva a fine gennaio, che ha coinvolto 100 stakeholder della salute. A partire dall’analisi del contesto e dai risultati di una indagine civica sulle pratiche partecipative attuate in un campione di Regioni ed Enti pubblici (fra Assessorati, Asl, Aziende ospedaliere ed IRCSS), i 100 stakeholder hanno elaborato un Documento che è stato poi diffuso online per recepire ulteriori indicazioni e suggerimenti.
“Una pratica partecipativa di qualità dovrebbe essere attuata coinvolgendo i cittadini organizzati ma anche i singoli, e, particolarmente in ambito socio-sanitario, valorizzare il protagonismo delle comunità”, afferma Anna Lisa Mandorino, vice segretaria generale di Cittadinanzattiva. “Dovrebbe, inoltre, utilizzare maggiormente le possibilità che la rete offre per potenziare una partecipazione estesa; essere orientata a garantire effetti di un vero cambiamento nella realtà, affinché il valore aggiunto della partecipazione non sia destinato a rimanere sulla carta; coinvolgere i cittadini sia nel momento della decisione che in quello dell’applicazione delle decisioni e della valutazione dei loro risultati, affinché l’azione pubblica risulti più incisiva e più rispondente ai bisogni dei cittadini stessi e della comunità; prevedere comunicazione e trasparenza in ogni sua fase”.
Il contesto e i risultati dell’indagine
Se è vero che numerose sono le norme e le previsioni che disciplinano il coinvolgimento dei cittadini, sia a livello nazionale che regionale e locale, assai meno efficaci risultano invece essere le fasi e le modalità con cui la partecipazione civica viene garantita nelle politiche sanitarie pubbliche. Il contesto regionale italiano appare diversificato dal punto di vista della normativa: leggi specifiche sulla partecipazione dei cittadini alle politiche pubbliche sono presenti in Toscana (dal 2007); Emilia Romagna (2010), Puglia (2017) e Pa di Trento (2014). La Toscana è l’unica regione ad aver approvato nel 2017 una legge specifica sulla partecipazione in campo sanitario; nella maggior parte delle Regioni abbiamo leggi con specifici articoli dedicati al tema della partecipazione in sanità; nel Lazio, Campania, Calabria e Friuli Venezia Giulia manca una normativa sanitaria che parli di partecipazione, mentre figurano indicazioni alla partecipazione solo per l’integrazione sociale o socio-sanitaria. Sempre nel Lazio e in Campania troviamo leggi con riferimenti alla partecipazione per specifici ambiti (quali handicap e salute mentale nel Lazio).
Dodici Regioni hanno previsto un organismo stabile di partecipazione in sanità, ma solo in Emilia Romagna lo stesso è presieduto da un rappresentante dell’associazionismo civico.
Solo in dieci regioni la partecipazione è riconosciuta sin dalla fase di definizione dell’agenda, mentre in tutte sembra garantita nella fase di programmazione e in quasi tutte (ad eccezione di Sardegna, Abruzzo, Liguria e Calabria) in fase di controllo e valutazione. Solo sei la garantiscono nella fase decisionale.
A livello nazionale, il coinvolgimento dei cittadini non è previsto, ad esempio, in organismi come l’Aifa, la Conferenza delle Regioni, la Commissione nazionale per l’aggiornamento dei Lea, né nel Patto per la salute.
In generale il diritto dei cittadini alla partecipazione è ancora poco misurato dal SSN mentre dovrebbe essere un indicatore per la valutazione della qualità delle politiche sanitarie pubbliche a tutti i livelli.
I rischi delle pratiche partecipative e gli elementi di qualità per superarli
Quattro le dimensioni della pratica partecipativa previste dalla Matrice: dimensione dell’inclusività (capacità delle istituzioni di coinvolgere tutti i cittadini, singoli e associati, interessati alla pratica); dimensione del “grado di potere” (capacità delle istituzioni di riconoscere ed attribuire potere ai cittadini su questioni rilevanti); dimensione dell’“esito” (capacità delle istituzioni di garantire i risultati della pratica); dimensione dell’accountability (capacità delle istituzioni di render conto ai cittadini della pratica partecipativa).
A minare una o più di queste dimensioni, possono contribuire diversi elementi, definiti fattori di rischio. Ad esempio, a pesare negativamente sulla inclusività possono essere le barriere fisiche, tecnologiche e normative che impediscono di fatto la partecipazione di tutti i soggetti interessati alla pratica. Sulla dimensione del grado di potere può incidere negativamente il gap di informazioni in possesso della componente civica rispetto a chi prende le decisioni; in merito all’esito della pratica partecipativa, ci può essere il rischio di non definire sin dall’inizio in maniera chiara, comprensibile e trasparente l’obiettivo della stessa; sulla capacità delle istituzioni di render conto ai cittadini può pesare la scarsa trasparenza e completezza delle informazioni su esiti ed effetti della pratica partecipativa.
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