Il vitalizio per i consiglieri regionali non solo non è previsto dalla legge istitutiva delle Regioni, ma è espressamente vietato. Tale legge – la n.53 del 1962 - all’art. 18 stabilisce che “ai membri dei Consigli regionali non possono essere attribuiti con legge della Regione prerogative e titoli che per legge o per tradizione siano propri dei membri del Parlamento o del Governo”.
Gli Statuti regionali approvati nel 1971 da tutte le Regioni prevedevano, infatti, la sola indennità, modulata in percentuale su quella dei parlamentari. I vitalizi furono subito istituiti ed erano legittimi, in quanto “ritagliati” come “quota” ricavata all’interno dell’indennità di consigliere regionale, da percepire in maniera differita, nei limiti di disponibilità del relativo fondo, senza ulteriori oneri a carico del bilancio regionale.
Tutte le Regioni a Statuto ordinario, all’atto dell’istituzione del fondo avevano previsto un livello di contribuzione da parte dei consiglieri regionali, da subito totalmente inadeguato ad onorare i corposi vitalizi previsti e così, fin dalla seconda legislatura, furono fatte passare, con l’accordo di tutti i partiti a livello nazionale, delle “leggine” che prevedevano che “l’eventuale disavanzo del fondo può essere integrato con una contribuzione una tantum”. L’integrazione del Fondo per i vitalizi con risorse a carico dei bilanci dei Consigli regionali non è stata “una volta soltanto” come prescriveva la legge, ma permanente e sempre più imponente, così da raggiungere nel 2012, dal 70% ad oltre l’80% del totale, per un importo, a carico dei Bilanci delle venti Regioni, che supera gli 80 milioni di Euro
Il vitalizio previsto dalle leggi regionali a favore dei consiglieri, con oneri a carico del bilancio regionale derivava da una norma illegittima, mai costituzionalmente sanata e legittimata e tale illegittimità permane ancora oggi.
Nel 2011 con l’art. 14 del D.L. n. 138 - Decreto Tremonti - si prevedeva, per ridurre la spesa pubblica impropria, “ il passaggio, entro sei mesi dalla sua entrata in vigore e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali, cioè un sistema rapportato ai contributi effettivamente versati, senza più pesare sul sempre più ridotti Bilanci regionali.
A seguito di tale nuova normativa, tutti i Consigli regionali avevano provveduto a modificare la normativa sui vitalizi, ma, invece che adeguarsi a tali nuove prescrizioni, avevano provveduto ad abolire i vitalizi per i “prossimi” consiglieri regionali, mantenendo, però, intatti gli importi per sè stessi, senza cioè applicare il metodo contributivo: un’operazione da vera e propria “casta”, la quale non applica le leggi quando riguardano i propri interessi. Tale operazione, concordata tra tutte le Regioni, aveva come conseguenza non la riduzione della spesa pubblica come recitava il titolo del D.L. Tremonti, ma un aumento della spesa dal 30 al 50%. Tale aumento, già in atto nelle tre Regioni andate al voto nel Febbraio scorso, ha già portato ad un aumento della spesa a carico del bilancio regionale intorno al 50%: un indubbio risultato positivo per una legge che si proponeva di attuare il risparmio il risparmio della spesa pubblica.
Il Governo Monti, consapevole dei “falsi” risparmi che avrebbero prodotto tali leggi regionali ed anche a seguito dello scandalo della Regione Lazio è ritornato sulla materia con il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174: “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, …”, nel quale ribadisce il contenuto del Decreto Tremonti, cioè ha emanato un nuovo decreto legge per far applicare una legge, fatto che costituisce di per sé, un vulnus alla Costituzione repubblicana.
Per obbligare le Regioni ad adempiere a tale norma, il Decreto legge aveva stabilito che una quota pari all'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle Regioni, diversi da quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale e al trasporto pubblico locale, non verrà erogata se non avranno approvato la legge regionale di recepimento entro il 10 Giugno 2013: cioè i fondi per il sociale per lo sviluppo per l’agricoltura etc. rimarranno fermi nelle casse dello Stato;
In sede di approvazione della legge 213 di conversione del Decreto legge, in una situazione di già annunciata “vacatio”politica del Governo Monti, essendo già prossime le elezioni politiche, un emendamento sottoscritto da un ex consigliere regionale in attesa del vitalizio, viene sancito che “ le disposizioni già previste dal Decreto, “ non si applicano alle regioni che abbiano abolito gli assegni di fine mandato”.
Cittadinanzattiva ritiene che il sistema Paese, le sue famiglie e le sue imprese, non possono sopportare un ulteriore pesante e consistente sottrazione di risorse dai Bilanci regionali, in un contesto di un progressivo taglio delle risorse e riduzione dei servizi da parte di tali Amministrazioni.
Pertanto, Cittadinanzattiva, insieme a Libera, Legambiente ed il sindacato CISL attiveranno tutte le possibili iniziative a raggiungere l’obiettivo proposto.
Paolo Baronti, Presidente di Cittadinanzattiva UMBRIA