Servizi psichiatrici tra luci ed ombre ma, questa la costante, strutturalmente poco accoglienti per i locali fatiscenti e poco curati. Aspetti critici restano la sicurezza dei pazienti, l’accessibilità (orari dei servizi ed emergenze-urgenze), l’informazione, il rapporto con le famiglie e l’integrazione socio-sanitaria. Dalla fotografia dell’Audit civico nella salute mentale, realizzata a titolo sperimentale in sei Asl italiane, emerge, in generale, una situazione discreta, seppure con evidenti contraddizioni. In nessuna azienda coinvolta tutti gli standard sono rispettati, con differenze tra Dipartimenti di Salute Mentale, Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura e Centri di Salute Mentale. In particolare gli indicatori peggiorano nel passaggio dal livello della decisione - quello del Dipartimento - a quello della attuazione (è evidente nel caso della sicurezza dei pazienti, della informazione e della accessibilità).
Migliore il rapporto con le famiglie nel livello di Centro di salute Mentale, anche se considerate risorse per la gestione del paziente e non interlocutori nelle decisioni. In secondo luogo emerge la necessità di rafforzare l’integrazione con gli altri servizi presenti sul territorio (quelli sociali, per anziani, scuole, consultori, ma anche magistratura, forze dell’ordine, strutture penitenziarie, datori di lavoro). In terzo luogo occorre rimuovere gli ostacoli all’accesso, soprattutto in caso di emergenza. Vanno rafforzate le misure per garantire interventi di emergenza-urgenza 24 ore su 24, ogni giorno dell’anno, anche nei Csm, in particolare va rafforzato il collegamento con un Pronto Soccorso che sia dotato di un triage per le sindromi psichiatriche. Il numero di ore al giorno di apertura dei Centri e dei giorni alla settimana vanno incrementati e adeguati al bisogno reale della popolazione.
In quarto luogo, è necessario eliminare il degrado nelle strutture. Un dato rilevato nell’Audit civico condotto su 99 Centri di Salute Mentale: fatiscenza, scarsa manutenzione, trascuratezza. Strutture obsolete o poco curate, insomma.
Quali raccomandazioni? Valorizzare le buone pratiche che hanno prodotto risultati eccellenti sul piano della umanizzazione, sostenibilità, innovatività ed efficacia delle cure; sanzionare chi viola palesemente i diritti umani (Trattamenti Sanitari Obbligatori anche nei casi in cui non sono necessari; situazioni in cui si legano le persone, si tengono le porte chiuse a chiave, si fa un uso massiccio di psicofarmaci come unica risposta); sviluppare le reti del mutuo-aiuto e delle esperienze che ad esse si ispirano, rafforzare i servizi nella dimensione territoriale per ridurre i ricoveri ospedalieri. Sarebbe, infine, significativo che nel trentesimo anniversario della nascita del Tribunale per i diritti del malato i servizi di salute mentale adottassero la Carta europea dei diritti del malato.*
Francesca Moccia
Coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva
* L’articolo è stato pubblicato da Repubblica Salute del 6 luglio