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Editoriali

sussidiarieta orizzontale

Sono passati quasi 15 anni dall’approvazione dell’articolo 118, ultimo comma della Costituzione:  una rivoluzione per la nostra democrazia, che ha scardinato il paradigma tradizionale Stato-cittadini con le istituzioni che governano e i cittadini che votano e delegano, e ha introdotto l’idea di una “democrazia duale”, come la definisce Giuseppe Cotturri, in cui ai cittadini è riconosciuto un potere “concorrente” nella capacità e nella possibilità di promuovere iniziative di interesse generale.

Il significato di “potere concorrente” è qui forzato in maniera intenzionale a significare due cose: la prima è che i cittadini esercitano un potere “che concorre” all’interesse generale, la seconda è che, così facendo, esercitano un potere che si pone “in concorrenza” con quello delle istituzioni rispetto all’interesse generale. Parliamo ovviamente di una concorrenza virtuosa, di una corresponsabilità che deve essere orientata ad alzare l’asticella della cura dei beni comuni e della tutela dei diritti verso gli standard massimi. E questo spiega anche perché le istituzioni hanno, per dettato costituzionale, l’obbligo di favorire questo tipo di iniziativa dei cittadini.

Ma che, comunque, il rapporto fra istituzioni e cittadini, secondo l’articolo 118 ultimo comma, sia fisiologicamente destinato a essere interattivo, dialettico, pacifico ma mai pacificato, in una sola parola “politico”, appare evidente dalla formulazione stessa del principio costituzionale:  perché esso privilegia l’aspetto autonomo dell’iniziativa civica, perfino di cittadini singoli, e non la chiamata alle armi dei cittadini da parte delle istituzioni, e perché impone alle istituzioni di riconoscere e “favorire” quell’autonomia in quanto già operante nella realtà, non di legittimarla o di consentirla.

Il rango della norma che riconosce la cittadinanza attiva è costituzionale, non ordinario o amministrativo, proprio perché l’autonomia dell’iniziativa civica è finalizzata al perseguimento dell’interesse generale nella sua totalità e non a interventi episodici, singoli o di portata limitata.

Ribadire queste premesse ci salva dal rischio di sminuire l’alto profilo della sussidiarietà costituzionale e di evitare che la sua interpretazione si orienti in due direzioni che ci sembrano del tutto inappropriate.

La prima è la direzione della “sussidiarietà strumentale”, che riduce la partecipazione dei cittadini per il governo della cosa pubblica a un ruolo fondamentalmente economico, di macchina per lo sviluppo, per la creazione di posti di lavoro, per la delega di compiti che spetterebbe allo Stato garantire. Erogazione di servizi, assistenza, intervento diretto. C’è qualcosa di sbagliato in questo? In alcuni casi sì, a giudicare dal fortissimo monito che persino il Papa ha fatto negli scorsi giorni contro la “prostituzione” di certe cooperative. In altri sicuramente no, se le istituzioni fanno il loro dovere senza ritrarsi dalla responsabilità del benessere sociale e se, contemporaneamente, i cittadini che si organizzano per erogare servizi, contribuire allo sviluppo, creare posti di lavoro che non sfruttino i lavoratori, garantiscono livelli massimi di qualità, trasparenza, efficacia, ma soprattutto danno sostanza al richiamo costituzionale all’interesse generale: altrimenti di cose buone si tratta comunque, ma di altro dalla cittadinanza attiva.

La seconda direzione è il modello della “sussidiarietà da bricolage”, che ritaglia per i cittadini il ruolo di pulire, manutenere, abbellire spazi di fruizione pubblica. Questo modello traduce il senso di “cura dei beni comuni” nel restauro a opera dei cittadini di scuole, ospedali, parchi - visto che le istituzioni non lo fanno -, qualche volta ottenendo in cambio piccoli benefici fiscali regolamentati da appositi atti amministrativi. E qui qualcosa di male? Nulla, sicuramente, cose da fare e da fare con orgoglio, ma non per “altruismo”, per “virtù civica”, bensì per necessità, per non piegarsi al degrado. E anche per essere di sostegno a quelle istituzioni che siano disponibili ad agire insieme, ricercando il cittadino quando sistema muri, strade e marciapiedi, ma anche quando avanza proposte per le politiche pubbliche, vuole seguirne l’attuazione e valutare il raggiungimento degli obiettivi o i risultati che si sono realizzati. Insomma il cittadino quando è comodo, ma anche quando è utilmente scomodo.

Sono funzionali delibere, regolamenti, nuovi articoli di legge come il 24 dello Sblocca Italia alla cui attuale stesura Cittadinanzattiva ha contribuito con i suoi emendamenti. Sono atti che contribuiscono a mettere al servizio della partecipazione civica strumenti facilmente applicabili, di ordinaria amministrazione. Purché non si perda di vista che si tratta di mezzi e non del fine, e che, se si priva il rapporto fra cittadini e istituzioni del senso politico generale che deve avere, non di vera sussidiarietà stiamo parlando ma di una sua brutta copia.

Annalisa Mandorino

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