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asili nido e mense scolastiche presentato il nostro dossier 2017

“Servizi in…Comune. Tariffe e qualità di nidi e mense”: rette stabili. Ma liste di attesa in aumento nei nidi e troppi sprechi a mensa

Una famiglia media italiana, con un bimbo al nido e un altro alla materna o primaria, spende al mese 380, precisamente 301€ per la retta dell’asilo e 80€ circa per la mensa.
Le tariffe restano sostanzialmente stabili a livello nazionale negli ultimi tre anni, ma pesano molto le differenze regionali e fra i singoli capoluoghi di provincia: per i nidi si va dai 100€ al mese di Catanzaro e Agrigento ai 515€ di Lecco; per la mensa scolastica dai 38€ di Barletta ai 128€ di Livorno.
Il Sud, virtuoso sui costi, pecca però sulla disponibilità dei nidi. La copertura sulla potenziale utenza è solo del 7,6%, rispetto alla media nazionale del 20%.
Sulle mense scolastiche, resistono i giudizi “in bianco-nero” dei piccoli utenti: mangiano felici in compagnia, ma vorrebbero cibi più vari, locali allegri, più tempo per mangiare e maggiore cortesia del personale addetto. Ancora troppi gli sprechi durante i pasti. E sulle Commissioni Mensa persistono grandi variabilità nella composizione e nel modo di operare.
Questi i dati contenuti nel Dossier “Servizi in…Comune. Tariffe e qualità di nidi e mense”, presentato oggi da Cittadinanzattiva.

Le rette di asili nido e mense scolastiche per singoli capoluoghi di provincia
E’ di 301 la tariffa media mensile nel 2017/18 (erano 309€ nel 2014/15). per una famiglia tipo (3 persone con un minore al di sotto dei 3 anni e un ISEE di 19.900€). Il Molise è la regione più economica (167€, -28,2% su 2014/15), il Trentino Alto Adige la più costosa (472€, +9,4%). Spicca l’aumento del 10% registrato in Basilicata. Fra i capoluoghi di provincia, Catanzaro e Agrigento le più economiche (100€), Lecco la più costosa (515€). Gli aumenti più rilevanti negli ultimi tre anni sono stati registrati a Chieti (50,2%), Roma (33,4%), Venezia (24,9%).
Nel primato positivo, quanto a costi, delle Regioni del Sud, va però tenuto conto che solo nel 3% la retta comprende tutto (oltre ai pasti anche pannolini e altre spese), mentre tale percentuale sale al 25% negli asili del Centro e al 40% in quelli del Nord. E soprattutto, la copertura media della potenziale utenza 0-2 anni è solo del 7,6% al Sud, con il limite negativo di Calabria e Molise che coprono rispettivamente fino al 4,1% e al 5%. La copertura arriva invece al 23% al Nord e al 26,5% al Centro.
Aumentano le liste di attesa dal 20% del 2013 al 26% del 2015, e questo nonostante il numero di domande presentate si sia ridotto complessivamente del 13,1% nel 70% degli 89 capoluoghi di provincia indagati. Particolarmente negativo il dato comparato al Centro Italia, dove, a fronte di una riduzione delle domande del 20,9%, è corrisposto un aumento delle liste di attesa dal 24% al 45%.
Nel corso del 2016, su 30mila donne (dati Ispettorato nazionale del Lavoro) che hanno dato le dimissioni dal posto di lavoro, ben una su cinque l’ha fatto per mancato accoglimento dei figli al nido pubblico, quasi una su quattro per incompatibilità fra lavoro e assistenza al bimbo, il 5% per i costi troppo elevati per l’assistenza al neonato.
Si attesta invece intorno agli 80€ la tariffa media nazionale per il servizio mensa nella scuola primaria. Al Nord le tariffe più elevate, ma in diminuzione rispetto agli anni precedenti, mentre al Sud le tariffe più basse ma in crescita negli anni. Stabili le tariffe al Centro. Per la scuola dell’infanzia, la regione più costosa è l’Emilia Romagna 104€, -6,9% rispetto al 2016/17), la più economica la Sardegna (60,60€, -7,7%). Spicca l’aumento registrato in Umbria (+24,1%) e Calabria (+20,7%). Nella primaria, la mensa costa di più sempre in ER (107,10€, -0,8%), costa meno in Umbria (65,70€, invariata). Anche qui gli incrementi più rilevanti rispetto al 2016/17 si registrano in Calabria (+17,6%) e Sicilia (12,2%).
Barletta il capoluogo più economico per la ristorazione scolastica (32€ mensili per famiglia tipo), Livorno il più costoso (128€ mensili).

Condizioni delle mense
L’indagine ha riguardato 78 scuole di 12 regioni (Valle D’Aosta, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna); 627 gli intervistati fra bambini, docenti, genitori e rappresentanti della Commissione mensa.
Le mense non brillano in quanto a stato manutentivo e di sicurezza: il 14% presenta distacchi di intonaco e il 6% altri segni di fatiscenza come umidità, infiltrazioni di acqua. Barriere agli ingressi nell’8% delle mense, pavimentazioni irregolari nel 17%, porte con apertura anti panico assenti nel 35%.
L’80% dei bambini ritiene che i locali siano abbastanza o molto puliti e luminosi, abbastanza o molto spaziosi (per l’85%) e sicuri (75%). Fra gli aspetti negativi segnalati dai bambini, il 56% ritiene che siano molto rumorosi, il 37% poco accoglienti e il 43% poco allegri.
Secondo i piccoli utenti gli arredi lasciano molto a desiderare: il 51% dichiara, infatti, che non siano né adatti né confortevoli. Non passa inosservato il dato che in una scuola su dieci del campione di quest’anno, manchi del tutto il locale mensa e i pasti vengano serviti in corridoi o aule più grandi.

Qualità del cibo, poco bio, pratica del bis
Il cibo a detta di tutti gli intervistati è di buona qualità anche se poco bio. I bambini, in base alle loro scelte alimentari, si presentano sempre più carnivori, amanti di dolci e carboidrati e la pratica del bis, diffusa ovunque, non li aiuta a modificare le cattive abitudini alimentari.
Infatti, solo il 13% dice di mangiare tutto a mensa, il 36% di mangiare solo alcuni cibi, in particolare dolci e gelato (80%), pizza (78%), pane (61%), carne e frutta fresca (58%), pasta al sugo (47%). Fra i cibi meno graditi, verdure cotte (70%), minestre di verdure (60%), pesce e verdure crude (54%).
Per il 77% dei genitori il menù è vario e per il 64% rispetta la stagionalità dei prodotti. Rispetto alle quantità, il 73% ritiene che le porzioni siano equilibrate e il 72% che i propri figli mangino volentieri a mensa.

Mensa…sprecona
L’87% degli intervistati afferma che vengano usate tovaglie di carta per apparecchiare i tavoli della mensa mentre, nel 6% dei casi, non si usano tovaglie di nessun genere. Le stoviglie sono usa e getta per il 50% di loro, di ceramica e di plastica per il 41%.
L’acqua servita a tavola è quella di rubinetto nel 49% delle mense, nel 40% si beve acqua minerale e, in pochi casi (3%), anche altre bevande non meglio specificate.
Da una stima effettuata nel corso della rilevazione, gli avanzi, solo in parte “riciclati” (18%), si aggirerebbero tra il 10% ed il 20%. Frutta e pane confezionato vengono in qualche caso riproposti a merenda.

Pro e contro la mensa
Il 63% dei bambini dichiara di mangiare a mensa con piacere, soprattutto perché può stare insieme ai compagni (93%). Fra quelli che non amano mangiare a scuola, il motivo per due bimbi su tre è la monotonia del cibo, per circa la metà la scarsità delle porzioni, per uno su tre la fretta con cui bisogna mangiare e i modi bruschi e scostanti del personale addetto.
Docenti e bambini segnalano la presenza di alcuni studenti che portano il pasto da casa che viene consumato in un tavolo separato nella stessa mensa, o in altro locale attiguo.
A livello nazionale tale fenomeno sembra in aumento solo a Torino, mentre nel resto d’Italia risulta piuttosto contenuto e riguarderebbe, secondo una recente indagine dell’Anci, 24 bambini su 1.000. In attesa della Sentenza della Cassazione, si registra un’assenza di regolamentazione del pasto da casa più puntuale da parte del Miur.

Nel caso delle Commissioni mensa, solo il 40% dei rappresentanti interessati conosce il Capitolato d’appalto. I rapporti con il Comune sono buoni nel 67% dei casi, quelli con le Aziende erogatrici solo nella metà dei casi. Il 57% sostiene che nelle scuole sono promossi progetti di educazione alimentare che coinvolgono gli studenti; il 30% laboratori sull’alimentazione; l’88% visite a fattorie didattiche. L’orto a scuola avrebbe un buon seguito secondo il 44% di loro ma ancor di più le iniziative contro lo spreco alimentare (50%) e sulla raccolta differenziata dei rifiuti (77%). La percezione è che tali iniziative manchino, però, di sistematicità, di continuità didattica e che poco o per nulla coinvolgano le famiglie.
I regolamenti comunali in materia di ristorazione scolastica prevedono una grande variabilità per quanto riguarda il numero, la composizione, le modalità di nomina delle Commissioni Mensa. C’è chi prevede la sola presenza dei genitori, come nel caso di Roma, chi quella anche dei nonni, tutori, docenti, come Milano, o chi estende a molte altre categorie come il dietologo, il tecnologo alimentare, il responsabile della refezione, il Dirigente scolastico come Palermo e Cagliari. Riguardo all’abbigliamento durante i sopralluoghi, nella gran parte dei casi è previsto che i membri della Commissione mensa indossino camice e cuffia, in altri anche guanti e copri scarpe. In alcuni casi non viene specificato nulla al riguardo (Lamezia Terme, Bari, Palermo) e in 2 casi si parla genericamente di abbigliamento adeguato (Torino e Cagliari).
Si richiede che venga dato il preavviso prima del sopralluogo a Napoli, Guardiagrele, Milano.
Il monitoraggio del gradimento dei pasti da parte dei bambini viene effettuato in modo informale e colloquiale per poco più della metà dei casi, con modulo specifico, messo a punto dalle Amministrazioni comunali o scolastiche, per tutti gli altri.

Ufficio Stampa

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