Il 21 settembre 2023 è la Giornata mondiale dedicata all'Alzheimer.
Circa un milione di persone in Italia oggi è affetto dalla malattia e il 30% circa dei pazienti presenta sintomi di declino cognitivo ma ancora le persone non ricevono da un’assistenza specifica su questo con notevoli difformità regionali e territoriali.
In Italia l’Alzheimer è tra le malattie neurodegenerative in forte crescita ed è la più comune forma di demenza; malattie che rappresentano una delle maggiori sfide per l’attuale SSN con un forte impatto in ambito sociosanitario non solo per chi ne è direttamente colpito, ma anche per chi si trova ad assistere una persona con tale patologia. L’impatto assistenziale di questa malattia è infatti di considerevole portata, a causa del deterioramento cognitivo, comportamentale e psicologico che comporta.
Il percorso di assistenza e di presa in carico della persona con malattie neurodegenerative deve necessariamente tenere in considerazione le diverse esigenze di malati, famiglie e caregivers per poter di mettere in campo terapie e strumenti utili ed efficaci da applicare in percorsi dedicati e personalizzati sia all’interno delle strutture che, ove possibile, a domicilio, il tutto deve necessariamente comprendere programmi e approcci multidisciplinari e uniformi sul territorio incentrati sulla persona nella sua totalità, prevedendo alle terapie occupazionali e riabilitative affinché possa essere assicurato un apprezzabile livello di autonomia, sia cognitiva sia funzionale che tenga conto sia dell’aspetto clinico che sociale della malattia.
L’assistenza a persone affette da varie forme di demenza è particolarmente gravosa sull’intero nucleo familiare. Dover dare a qualcuno un supporto costante significa limitare la propria vita personale, relazionale, lavorativa. Chi si occupa di assistenza – per la maggior parte donne, gran parte delle quali, il 60% secondo dati Istat, obbligate dalle circostanze a lasciare il lavoro – , è costretto a improvvisarsi caregiver familiare con un forte impatto dal punto di vista emotivo, psicologico, economico e sociale. L’essere caregiver non sempre è una scelta ma una conseguenza obbligata.
I caregiver familiari svolgono un vero e proprio servizio e quindi dovrebbero essere considerati a tutti gli effetti dei lavoratori, con tutti i diritti connessi allo svolgimento di una professione, dalla retribuzione ai contributi per la pensione, passando per le ferie e i permessi. Queste figure vanno riconosciute e regolarizzate perché possano avere delle tutele economiche, giuridiche e sociali.
Il 3 ottobre 2022 il Comitato Onu sui diritti delle persone con disabilità ha condannato l’Italia per la mancanza di tutele per i caregiver ma ancora non è stata ancora varata una legge ad hoc. Le Regioni su questo tema si muovono in ordine sparso (vedi Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo, Lazio), dal nostro punto di vista queste iniziative sono lodevoli, perché in qualche modo cercano di alleggerire il peso e la pressione – anche economica – che c’è su queste famiglie, però sarebbe opportuno che ci fosse una legge nazionale.
Attendiamo da tempo un provvedimento che garantisca ai caregiver il riconoscimento dei loro diritti fondamentali.