Con la previsione contenuta nella bozza del prossimo concorso per i dirigenti scolastici all’articolo 10 si legge che «all’esito della procedura concorsuale, (…) a parità di punteggio complessivo (…), considerate le percentuali di rappresentatività di genere di ciascuna regione (…), il titolo di preferenza sia in favore del genere maschile». Sembra dunque che si vogliano introdurre le “quote blu” nella scuola.
Nello specifico, la bozza del bando di concorso per dirigenti scolastici, spiega una nota del ministero dell’Istruzione e del Merito, recepisce «una norma contenuta nel regolamento sull’accesso agli impieghi in tutte le pubbliche amministrazioni», che prevede che nei bandi di concorso «debba essere indicata, per la qualifica interessata, la percentuale di rappresentatività dei generi». E, qualora superasse il 30%, «nello scorrimento della graduatoria per le assunzioni, a parità di titoli e merito, si applica la preferenza a favore del candidato appartenente al genere meno rappresentato».
Nel caso della scuola, il genere meno rappresentato è quello maschile, visto che 8 docenti su 10 sono donne e la percentuale è in costante aumento. Non soltanto alla scuola dell’infanzia e alla primaria. Ma anche alle superiori, le professoresse sono passate dal 48% al 67% del totale negli ultimi 55 anni. È naturale, dunque, che anche tra i dirigenti scolastici si contino più donne che uomini.
Unica eccezione è la Sardegna. Ma perché gli uomini non scelgono la professione dell’insegnante? Una prima risposta la fornisce l’Ocse che, nel suo rapporto annuale sullo stato dell’istruzione nei Paesi più industrializzati, al capitolo Italia dice che le ragioni sono due: lo stereotipo che lega le donne ai lavori di cura e la bassa retribuzione dei docenti (si veda l’edizione 2023 di Education at a glance, in Italia il salario reale di maestri e professori è diminuito dell’1,3%), che non rappresenta certo un incentivo a preferire l’insegnamento rispetto ad altre professioni meglio retribuite.