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Le scuole che accorpano tante classi sono un modello organizzativo e pedagogico efficiente ed efficace, o muovono solo logiche di risparmio? E quali effetti creano sulla qualità del servizio?
Sono domande a cui Tuttoscuola ha cercato di trovare una risposta, in vista della preoccupante riforma della rete scolastica che realizzerà soppressioni di oltre 628 istituzioni scolastiche dal prossimo settembre con azzeramento delle presidenze e delle segreterie.
Soprattutto al Sud e, in particolare, nella Regione Calabria, gli effetti determineranno il passaggio di molti plessi scolastici sotto un’unica istituzione scolastica che si troverà a gestire oltre venti scuole con alcuni casi-limite di 27, 28 e 29 scuole sotto una stessa presidenza, per arrivare al caso estremo di una istituzione della provincia di Vibo Valentia con 33 scuole da gestire e sette amministrazioni comunali con cui rapportarsi.

I primi effetti degli accorpamenti coinvolgeranno tra meno di due mesi centinaia di assistenti amministrativi delle istituzioni scolastiche soppresse coinvolti nei trasferimenti d’ufficio e nella mobilità volontaria alla ricerca di una nuova sede di servizio. Contemporaneamente saranno interessati alla mobilità anche decine e decine di DSGA titolari nelle istituzioni soppresse.

Era possibile una soluzione alternativa? Il calo demografico in netto calo e la mobilità della popolazione dai centri piccoli verso i medio-grandi, dati Istat, ha reso necessaria una nuova conformazione della rete scolastica, composta da decine di migliaia di sedi e da migliaia di istituzioni scolastiche. Tuttavia, forse, sarebbe stato meglio intervenire sulle piccole scuole a pochi chilometri l’una dall’altra, con un intervento condotto sui micro-plessi limitrofi (ad esempio due prime classi da 12 alunni all’interno di due scuole poste a pochi chilometri l’una dall’altra in due diverse frazioni in un’unica sede occuperebbero una sola aula da 24 alunni dimezzando le spese e l’organico).

Serviva un intervento in grado di tenere insieme due aspetti. Da un lato attento a salvaguardare tutte le realtà dove la scuola è il centro vitale di una comunità, dall’altro lato, mirato a tutelare e valorizzare il modello della scuola dell’autonomia, per come era stato concepito all’origine, con la missione di “promuovere gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio” (d.lgs. 165/2001): leadership educativa, distribuita e coesa, relazioni umane e spirito di comunità vissuti quotidianamente. Missione difficilmente attuabile con 1.500 o più studenti e relativo personale distribuiti su 20 o 30 sedi.

Insomma, meno micro-plessi piuttosto che tante “mega” scuole (o mega-istituti) come il sistema a vari livelli ha scelto di fare.

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Fabio Cruccu

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