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Secondo una recente ricerca l'innovazione sui banchi favorisce conoscenza e spirito critico. Il digitale, infatti, può migliorare la didattica nella scuola italiana. Ma va usato bene e con metodologie educative adeguate: per favorire anche l’inclusione sociale di studenti e studentesse, sostenendo il loro successo scolastico nell’immediato e contribuendo all’acquisizione di competenze necessarie per il futuro. È quanto emerge dalla ricerca Nova Schol@ di Percorsi di secondo welfare che ha indagato il tema intervistando più di tremila studenti italiani.
Quale eredità ha lasciato la didattica a distanza usata in tempi di pandemia? Una vera didattica digitale non ha nulla a che fare con la Dad, va oltre il semplice trasferimento di nozioni attraverso un supporto tecnologico di modalità tradizionali e può invece aiutare a veicolare un cambiamento su come insegnare e apprendere.

Grazie al digitale le lezioni sono registrate e possono essere seguite a casa, mentre a scuola vengono realizzati laboratori e lavori di gruppo, garantendo ai ragazzi non solo l’acquisizione di migliori competenze di base ma anche la capacità di distinguere il vero dal falso. La didattica laboratoriale facilita la partecipazione dei giovani, anche di quelli con rendimenti più bassi. E' una didattica più attuale, che permette di assumere più informazioni e orientarsi con spirito critico nella mole di conoscenze alla portata di tutti e può generare un effetto positivo sulle relazioni e favorire dinamiche più cooperative. Infine non è un caso che la didattica digitale sia alla portata soprattutto di chi ha un buon background socio economico. Chi vive in condizioni o situazioni svantaggiate ha infatti meno spazio in casa per studiare autonomamente: alloggi più piccoli e affollati in cui si è maggiormente disturbati. Inoltre usa molto di più lo smartphone perché non ha strumenti evoluti come tablet e computer, che favoriscono maggiormente l’apprendimento. Per questo quando le scuole sono in grado di fornire i mezzi l’inclusione è più facile.
Dalla ricerca viene fuori che, a detta degli alunni, nelle classi si usa di più il tablet quando lo fornisce la scuola, soprattutto nelle materie umanistiche: lettere, lingue e culture straniere. Meno, ma sempre abbastanza, in quelle tecniche, educazione civica, diritto ed economia. Ancora meno in quelle scientifiche. Chi usa gli strumenti anche per formarsi fa un salto di livello. Ecco perché per combattere l’analfabetismo digitale e la diffusione delle fake news occorre insegnare ad usare il digitale in maniera positiva. La transizione digitale può far crescere divari e differenze. Ma può essere determinante nell’aumentare dalla scuola la «digital literacy»: la capacità di trovare le informazioni e saperle utilizzare in modo efficace.

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Fabio Cruccu

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