Succede a Taranto, dove un magistrato della II sezione del Tribunale civile ha disposto il rinvio al 18 gennaio 2019 di una causa da 200 mila euro tra due società iniziata nel settembre 2014. Perché? Nelle motivazioni dell’ordinanza adottata il giudice scrive di viaggiare già al ritmo di circa 160 sentenze l’anno, con un carico di lavoro insostenibile, con oltre 500 cause più vecchie ancora da smaltire e che dovranno trovare prioritaria definizione. Il magistrato non si risparmia neanche nell’invocare i diritti sanciti nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo, secondo cui è vietata “la schiavitù ed il lavoro forzato”, invocando una forma di operatività che possa essere più sostenibile e meno lesiva di quelli che considera diritti inviolabili della persona umana.
La vicenda sollevata – e che descrive, chiaramente, un quadro sofferente del funzionamento della giustizia in Italia, nonostante gli ultimi sforzi messi in atto per arginare il fenomeno dell’arretrato e della lentezza procedurale - potrebbe richiedere ora l’intervento del Consiglio Superiore della Magistratura.