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Entro il 15 luglio i Comuni devono comunicare gli edifici che utilizzeranno come seggi elettorali al posto delle scuole e per farlo ci sono anche 2 milioni di euro stanziati ad hoc. Una battaglia che Cittadinanzattiva porta avanti da mesi: «Innanzitutto per far capire che cambiare si può, che votare nelle scuole è una tradizione quasi solo italiana, probabilmente è una tradizione comoda ma certamente non è inevitabile. È utile cominciare a sperimentare alternative adesso, per farsi trovare pronti per le elezioni politiche», commenta Adriana Bizzarri, Coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva nell'intervista a Vita.it.

«L’auspicio infatti è che queste sedi alternative agli edifici scolastici siano soluzioni definitive, che non significa sedi destinate in via permanente ed esclusiva al voto ma spazi che all’occorrenza possono essere utilizzate a questo scopo. C’è chi mi fa osservare che nelle scuole c’è la possibilità di utilizzare il personale scolastico, naturalmente pagandolo, per le pulizie… La stessa cosa però si può fare altrove pagando le ore in più del personale del Comune e molto opportunamente quindi è stato creato un contributo per i Comuni». Perché dire stop ai seggi nelle scuole? «Perché la scuola è un servizio pubblico ed è assurdo dover sospendere un servizio di pubblica utilità quando è possibile trovare sedi alternative. Proseguire con questa tradizione non è un segnale di civiltà. Ancor di più in questa situazione di pandemia, in cui non sappiamo ancora se e per quanto la scuola sarà in presenza. Togliere giorni ai ragazzi, a settembre, non è proprio cosa da fare».

Aurora Avenoso

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