Nella nostra tradizione c’è l’idea che la nostra classe dirigente si è dimostrata nel tempo sempre più inadeguata a guidare il Paese, e che per garantire un governo più partecipato bisogna trasferire poteri, risorse e spazi alla cittadinanza attiva. In questi anni siamo riusciti a conseguire un risultato straordinario, l’introduzione del principio di sussidiarietà orizzontale nella Costituzione Italiana.
L’articolo 118 ultimo comma infatti riconosce l’autonoma iniziativa dei cittadini nel perseguire l’interesse generale come pilastro della democrazia italiana. Si tratta di una vera e propria rivoluzione culturale, tutt’ora in corso.
Questa premessa è necessaria per ribadire che la cittadinanza attiva ha un ruolo autonomo nel realizzare azioni di interesse generale e di solidarietà che va ribadito con forza. Chiarito che impegno per l’interesse generale non è solo impegno nella politica ufficiale, per noi bene comune da preservare non è solo l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, l’ambiente, la qualità della vita, la scuola, la sanità, ma anche il nostro sistema democratico, le nostre istituzioni e la fiducia che i cittadini vi ripongono.
Per questo è condivisibile la proposta avanzata da Fondazione Etica in questi giorni di una legge sui partiti. Sino ad oggi l’attenzione dei cittadini è stata deviata sul “quanto tagliare” anziché sul “cosa riformare”, in tal modo non risolvendo mai la crisi del sistema dei partiti. Questi, invece, non temono tanto la diminuzione o abrogazione dei contributi pubblici, quanto la ridefinizione del loro profilo giuridico, la regolazione del loro potere di nomina alle cariche pubbliche e l’applicazione di obblighi stringenti di trasparenza e di controlli. La riforma dovrebbe svilupparsi proprio lungo le tre dimensioni indicate dal GRECO (Group of States against Corruption): disciplina giuridica dei partiti, regolazione del finanziamento sia pubblico che privato, controllo del potere di nomina. In concreto questo vuol, dire, ad esempio: prevedere l’iscrizione in un apposito registro e pubblicare gli statuti, definire un contenuto minimo degli statuti stessi a garanzia della certezza della trasparenza nei processi decisionali interni, la definizione di un contenuto minimo del metodo democratico interno a garanzia della delega rappresentativa dal basso e del coinvolgimento degli iscritti, il finanziamento pubblico solo a parziale copertura delle spese sia elettorali sia legate alla attività politica ordinaria e condizionato dalla documentazione dettagliata delle spese effettivamente sostenute, sottoposto a vincoli di destinazione, con obbligo di pubblicazione online di ogni documento di spesa e di entrata.
In questa fase è interesse generale salvaguardare le nostre istituzioni democratiche e il clima di fiducia che le dovrebbe sostenere. Bisogna restituire alla politica e alla democrazia la capacità, come ha scritto Giuseppe Cotturri nel suo ultimo libro, di “raccogliere speranze e desideri di donne e uomini comuni che non cessano di lottare per un futuro migliore”. Questa capacità non è oggi nei partiti, c’è molta sfiducia. Basti pensare al dato sulla crescita dell’astensionismo alle ultime elezioni amministrative. Dunque bisogna lottare contro la malapolitica, ma soprattutto e contestualmente, riformare il sistema politico e partitico. E non si può ridurre, come invece sta avvenendo, la questione alla mera abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Crisi di legittimazione e di rappresentanza hanno bisogno di ben altro, ad esempio regole più chiare e trasparenti, accesso alle informazioni, lotta alle opacità, che sappiamo quanto portino a fenomeni proprio di corruzione. Non dimentichiamo che l’Italia è al 72° posto nella classifica di Transparency International per fenomeni di corruzione. Speriamo che questa sia la volta buona per avviare una riforma seria.
Francesca Moccia, Vice Segretario Cittadinanzattiva Onlus