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Negli anni scorsi il Governo, a fronte di una possibile sanzione da 4 miliardi di euro da parte dell’Unione Europea per le condizioni disumane e degradanti dovute al sovraffollamento nelle carceri italiane, ha messo in atto una politica deflazionista con leggi mirate a diminuire la presenza delle persone in carcere, estendendo la possibilità di accedere alle misure alternative e depenalizzando alcuni reati. Tuttavia il problema del sovraffollamento carcerario sembra riaffacciarsi: si è infatti registrato nell’arco di un anno un incremento del numero dei detenuti di oltre 3.000 unità, ben oltre la soglia di 49mila, capienza massima stimata.

In Lombardia, la regione con il più alto numero di persone ristrette in carcere, si è di nuovo sulla soglia di 8.000 detenuti (+10% in meno di un anno). Un altro aspetto critico, da non sottovalutare, riguarda il disagio sociale e individuale: infatti, circa un detenuto su quattro, quando termina la pena, non sa dove andare e le persone si trovano a vivere una condizione di grande sofferenza per mancanza di alternative. La prospettiva non può essere solo l’accoglienza, ma anche l’accompagnamento a forme di reinserimento e, spesso, di inserimento sociale, attraverso attività lavorative anche di utilità sociale e la possibilità di accedere a un reddito.

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Valentina Ceccarelli

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