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Approfondimenti

All’inizio del mese di gennaio la Commissione tecnico scientifica dell’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) ha autorizzato due medicinali antivirali per il trattamento di pazienti affetti dall’infezione da COVID-19 non ospedalizzati e con malattia lieve-moderata: il Molnupiravir e il Remdesivir. A differenza degli antibiotici, sui quali si è generata un’eco mediatica non supportata da evidenze scientifiche di reale efficacia nel curare la malattia, i medicinali antivirali sono stati ufficialmente autorizzati e sono attualmente in fase di distribuzione nelle varie Regioni italiane, con differenti numeri di confezioni. Attraverso la nostra indagine, approfondiremo il tema e cercheremo di capire la platea di beneficiari a cui sono rivolti e l’efficacia nel combattere l’infezione.

 

Cosa sono i medicinali antivirali
I medicinali antivirali, assieme ai vaccini e agli anticorpi monoclonali, sono una delle strategie messe in campo dalle equipe sanitarie internazionali per contrastare la pandemia da COVID-19. Tali medicinali, da assumere precocemente, hanno lo scopo principale di inibire la replicazione e la maturazione delle particelle virali, oltre che le complicazioni dell’infezione.

 

Caratteristiche dei farmaci antivirali autorizzati
Gli attuali farmaci in commercio, ossia il remdesivir e il molnupiravir, presentano caratteristiche diverse: il primo prevede una somministrazione endovenosa entro sette giorni dall’insorgenza dei sintomi che, per ovvi motivi, può quindi essere effettuata solo da appositi specialisti in sede ospedaliera; il secondo, invece, si presenta come pillole da somministrare per via orale e da assumere entro cinque giorni dall’insorgenza dei sintomi.

 

A chi possono essere somministrati
La somministrazione degli attuali medicinali antivirali è strettamente indicata per pazienti fragili e ad alto rischio di contrarre forme gravi della malattia (aventi neoplasie, insufficienza renale, immunodeficienze, obesità o malattie cardiovascolari, etc). Tali soggetti devono espressamente essere indicati dal medico il quale, avvertito tempestivamente della comparsa dei sintomi riconducibili al COVID-19, provvede poi a indirizzarli verso le specifiche cure più idonee in base al loro quadro clinico di riferimento. Inoltre, per essere somministrati, i pazienti che hanno contratto l’infezione non devono aver necessità di ossigeno supplementare, oltre che non essere donne in stato di gravidanza. La loro distribuzione viene eseguita da centri espressamente individuati dall’AIFA, generalmente strutture ospedaliere specifiche e individuate sul territorio nazionale già impegnate anche nella somministrazione degli anticorpi monoclonali. Tali strutture avranno anche il compito di prescriverle ai soggetti ritenuti idonei a procedere con la sperimentazione, secondo i criteri evidenziati in precedenza.

 

Paxlovid: il prossimo antivirale in arrivo
Il prossimo medicinale antivirale che vedrà l’arrivo sul mercato italiano, una volta che la review da parte dell’EMA e dell’AIFA sarà conclusa, sarà la pillola Paxlovid. Anche questo farmaco, come i precedenti, è previsto per quella fascia di adulti affetti da COVID-19 che non abbiano bisogno di trattamenti con l’ossigeno e che rischiano un incremento delle probabilità di sviluppare una forma severa della malattia e la terapia, come nel caso del molnupiravir, va avviata entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi.

 

AGGIORNAMENTO 22 APRILE 2022: gli esperti internazionali dell’OMS hanno recentemente provveduto ad elencare delle linee guida per quanto concerne la somministrazione del Paxlovid. Per questo farmaco antivirale viene consigliata la somministrazione ai pazienti COVID-19 non gravi ma che sono a più alto rischio di ricovero in ospedale, come coloro non vaccinati a causa di altre patologie preesistenti, gli anziani o gli immunosoppressi. Viene altresì consigliato a queste categorie di malati rispetto agli altri antivirali già disponibili sia perché presenta un minor rischio di potenziali effetti avversi, a differenza del molnupiravir, sia perché di più facile somministrazione rispetto ai trattamenti per via endovenosa, come remdesivir e anticorpi monoclonali. L’impiego viene invece sconsigliato nei pazienti COVID a basso rischio, perché i benefici non sono significativi, come pure nei malati gravi di COVID.

 

I farmaci antivirali sono quindi davvero efficaci?
Premettendo ovviamente che questi sono solamente i primi medicinali introdotti sul mercato per combattere il COVID-19, e che altri ne verranno sicuramente immessi in seguito, non possiamo non affidarci ai pareri positivi espressi dagli organi sanitari nazionali ed europei sulla loro efficacia nel trattamento della malattia, a patto che vengano somministrati entro un ben definito intervallo temporale. Allo stato attuale, comunque, ci teniamo a sottolineare come l’utilizzo di questi sia limitato a una ristretta platea di pazienti, rigorosamente individuati dalle strutture mediche responsabili della prescrizione e somministrazione dei suddetti medicinali, aventi quadri clinici complicati e impossibilitati a combattere la malattia nelle forme più comuni attualmente previste; di conseguenza, per quanto scritto, consigliamo a coloro che appartengono alle suddette categorie fragili di avvisare quanto più celermente il proprio medico curante dell’eventuale comparsa dei sintomi riconducibili al COVID-19, in modo da poter rientrare nelle tempistiche previste per la somministrazione dei farmaci antivirali.

Redazione Online

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