Il decreto di riparto del Fondo di 60 MLN di euro per il 2018-2020, previsto nell’ultima legge di bilancio per ridurre il peso dei ticket in sanità, domani sarà oggetto di confronto tecnico tra lo Stato e le Regioni, fondo ottenuto grazie alla mobilitazione di Cittadinanzattiva per l’abrogazione del Superticket con la raccolta di 40mila firme.
“Siamo molto preoccupati e delusi per le anticipazioni che abbiamo ottenuto in merito alla bozza di decreto. Oltre a giungere con due mesi di ritardo e senza alcun confronto con le organizzazioni di cittadini, contiene misure inique, che penalizzano ancora una volta soprattutto le popolazioni delle Regioni del centro sud, più in difficoltà nell’erogazione dei Lea, con più alto tasso di rinuncia alle cure, minor reddito pro capite, con maggiori problemi di occupazione e un più alto livello di IRPEF”, queste le dichiarazioni di Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva.
Il decreto infatti ripartisce il 90% del fondo attraverso un unico criterio: il volume di ricette di specialistiche ambulatoriali. Il restante 10% è assegnato alle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata, per aver adottato misure finalizzate ad ampliare il numero dei soggetti esenti dal pagamento della quota fissa su ricetta. Utilizzando questi criteri di riparto a 5 Regioni quali Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana, vengono assegnate circa il 70% delle risorse del Fondo nazionale. Invece ad Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, tutte insieme avrebbero a disposizione solo il 12,5% del Fondo. Si passa dal 23% della Lombardia all’1,5% della Calabria, sino ad arrivare allo 0,3% del Molise.
“Questo è sì un esempio di federalismo differenziato, ma dal punto di vista dell’equità, altro che federalismo solidale, in esatto contrasto anche con lo spirito dello stesso decreto”, ha continuato Aceti. “Inoltre non prevede alcuna misura di verifica sull’effettiva adozione da parte delle Regioni di provvedimenti che grazie alle risorse alleggeriscano veramente il peso dei ticket sulle famiglie. In altre parole, si assegnano risorse senza controllare la loro corretta destinazione d’uso. Proprio per questo chiediamo che il decreto sia modificato introducendo tra i criteri di riparto il livello di accessibilità ai servizi, il tasso di rinuncia alle cure, il livello di ricchezza pro capite, il livello di disoccupazione, l’aspettativa di vita ed altri indicatori. Necessario introdurre subito anche un sistema di controllo sui provvedimenti che dovranno essere adottati dalle Regioni. Per tutto questo chiediamo un incontro urgente con il Ministero della salute.”
Infine un appello al nuovo Parlamento.
“La strada maestra da seguire per rilanciare accesso alle cure e al servizio sanitario pubblico, a partire dal prossimo DEF, è quella dell’abrogazione totale del superticket, il cui effettivo gettito, come lo stesso decreto di riparto ribadisce, è pari a poco più di 400 milioni di euro l’anno, cioè esattamente la metà di quanto previsto dalla manovra che lo istituì. Inoltre, abbiamo offerto alla politica un ulteriore strumento per diminuire le diseguaglianze e diffondere le eccellenze, una proposta di riforma dell’articolo 117 della Costituzione lanciato con la campagna “Diffondi la salute” (www.diffondilasalute.it), e su cui, prima delle elezioni, abbiamo raccolto di fatto un sostegno di tutto il Parlamento. Ci aspettiamo ora che dalle dichiarazioni si passi ai fatti, dando il giusto peso ad una riforma che affronta un problema sempre più gravoso per gli italiani: le diseguaglianze”.