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Cittadinanzattiva in audizione sul testamento biologico: il cittadino deve poter decidere anticipatamente anche su nutrizione e idratazione artificiale

Roma, 13 novembre 2008

“Tutti i giorni ci confrontiamo con cittadini che vedono lesi i loro diritti. E crediamo che in situazioni difficili come quelle che affrontano i malati in stato vegetativo o allo stadio terminale di una malattia, i diritti vadano tutelati con forza e sensibilità maggiore. Per questo vogliamo sia dato riconoscimento al principio dell’autodeterminazione con un atto legislativo sul testamento biologico che tuteli il diritto di ciascuno alla dignità della vita e della fine della vita. La Costituzione garantisce a tutti il diritto alla salute ”.

E’ quanto chiede oggi Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva-Tribunale per i diritti del malato, nel corso della audizione al Senato sul testamento biologico. “Il disegno di legge presentato da Ignazio Marino, e sostenuto da circa un terzo dei senatori, può essere la base di discussione per una legge condivisa sul testamento biologico”, continua Petrangolini “Sosteniamo quel disegno di legge perché disciplina ex novo il testamento biologico, fondandolo sul consenso informato; lascia comunque spazio al giudizio sul medico, coinvolge i familiari ma fuori da una logica paternalistica e dà un ruolo importante ai Comitati etici. In più disciplina la Rete nazionale delle cure palliative”.

Sulle questioni più controverse nella discussione sul testamento biologico e cioè i trattamenti di idratazione e nutrizione artificiali e la possibilità di obiezione di coscienza per i medici, Cittadinanzattiva si esprime così: “Nutrizione e idratazione artificiale sono trattamenti sanitari e sono praticati mediante tecniche invasive – spiega Petrangolini - .Ogni tipo di trattamento medico deve essere effettuato con il consenso consapevole del cittadino. Quindi anche queste metodiche sono da includere fra le procedure su cui il cittadino può esprimersi anticipatamente nel testamento biologico. Per ciò che riguarda l’obiezione di coscienza, riteniamo che sia legittimo che un medico possa avere difficoltà a “staccare la spina”, anche se nella gran parte dei casi il passaggio tra la vita e la morte avviene con metodi ben più dolci e umani. In questo caso non serve legiferare introducendo procedure burocratiche e aprendo la strada ad abusi, ma usare il buon senso e rispettare nei fatti la volontà del medico. Negli Stati Uniti i sanitari che si trovano in queste difficoltà chiedono di norma l’aiuto e la sostituzione di altri colleghi. La classe medica italiana è sufficientemente matura per attenersi a queste regole deontologiche”.

Redazione Online

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