Circa 1 miliardo di persone nel mondo, di cui 136 milioni in Europa, soffre di cefalea. Si tratta della terza patologia più diffusa a livello globale; ad esserne colpite di più sono le donne, con una incidenza tre volte superiore rispetto agli uomini, in particolare nella fascia d'età tra i 25 e i 55 anni. I cittadini affetti da emicrania e cefalea sono al centro dell’indagine di Cittadinanzattiva, i cui risultati vengono diffusi oggi nell’ambito della campagna “Colpo di testa: i tuoi diritti su emicrania e cefalea”. La campagna, promossa grazie al contributo non condizionato di Teva, è stata avviata nel 2020 con la pubblicazione di un e-book con storie e consigli utili per i pazienti.
I dati dell’indagine evidenziano principalmente il mancato riconoscimento dell’invalidità per la cefalea (lo denuncia il 43,7% degli intervistati), la difficile prenotazione di esami e visite nel “pubblico” (22,8%), i costi per l’acquisto di farmaci (23,3%) e di integratori (22,1%), quelli per esami e visite private/intramoenia (19,6%) e i ticket (18,4%). A soffrire di emicrania e cefalea sono soprattutto le donne (89% del campione intervistato). La fascia d’età più colpita è quella fra i 30 e i 55 anni (69,6%), con una frequenza di episodi di mal di testa superiore a 15 attacchi al mese (per il 29,8% degli intervistati) di durata variabile fra ore e giornate, per il 39,8% del campione. In una scala da 1 a 10, l’88% degli intervistati racconta di un dolore con intensità da 7 a 10. Chi ha ricevuto una diagnosi di cefalea ha atteso, nel 30% dei casi, da 5 a 7 anni e oltre.
“Sebbene l’emicrania sia stata riconosciuta, con la legge 81/20, come patologia cronica invalidante, è necessario che siano fatti alcuni passi avanti per garantire maggiori tutele e diritti ai cittadini che ne soffrono. Innanzitutto rafforzando ed estendendo i centri di diagnosi e cura su tutto il territorio (1/3 degli intervistati richiede una maggiore capillarità) e investendo sulla formazione in particolare dei medici di medicina generale per fare in modo che non siano sottovalutati alcuni segnali e si arrivi ad una diagnosi precoce della malattia, dichiara Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva.
L’indagine, scaricabile a questo link, ha coinvolto 671 cittadini di tutte le Regioni, restituendo l’esperienza quotidiana ed il percorso di tre categorie di persone: chi ha una diagnosi di cefalea (88,2% del totale), chi è ancora in fase di approfondimento/accertamento clinico e diagnostico (4,3%) e, infine, le persone che non si sono ancora attivate per indagare le cause del mal di testa (6,4%). Tra le persone intervistate che hanno ricevuto una diagnosi, il 69,1% soffre di emicrania, il 12,8%, di cefalea di tipo tensivo e il 10,7% di cefalea a grappolo. Dall’indagine emerge che il mal di testa condiziona e compromette significativamente la vita familiare (79,9%), sociale (80,5%) e il percorso professionale/di studio (79,3%), al punto da provare disagio spesso/talvolta nel riferire ad altri di soffrire di mal di testa (73,6%).
Rispetto al percorso di cura, l’Indagine di Cittadinanzattiva rileva che solo il 5% degli intervistati con diagnosi di cefalea è inserito in un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) specifico per la patologia, mentre il 7,6% non è inserito nonostante la regione di residenza lo preveda. Il 59,2% è parzialmente o per nulla soddisfatto dell’efficacia delle terapie farmacologiche. Al 44,1% dei rispondenti è capitato a volte/spesso di assumere di propria iniziativa più dosi di farmaco/i di quanto raccomandato nel foglio illustrativo o prescritto; il 34,4% ha portato a termine le terapie prescritte, mentre il 32,9% è stato costretto a interromperle per effetti collaterali o perché ha ritenuto non essere efficaci (32,4%). Il 37% di chi ha risposto non è a conoscenza dell’esistenza delle terapie innovative monoclonali o ha difficoltà a sapere da chi vengono prescritte e dove (6,6%). In pochi casi, ci si scontra con qualche difficoltà a prenotare una visita presso il centro cefalea abilitato alla loro prescrizione (5,2%). Simili disagi anche per chi soffre di cefalea a grappolo: il 14,8% non sa cosa sia l'ossigenoterapia e il 7,6% dichiara di non aver ricevuto informazioni dal neurologo o dal Centro cefalee.
Chi soffre di emicrania e cefalea chiede flessibilità di orario lavorativo, magari da casa al bisogno (48,8%), disponibilità di un numero dedicato in caso di necessità e urgenze (39,2%), professionisti sanitari qualificati e aggiornati (35,5%), informazione corretta e adeguata sulle cefalee (31,2%). A sostegno delle famiglie, inoltre, aiuterebbe la previsione di incentivi o sgravi per baby-sitter e/o caregiver (19,4%) e la presenza di una rete sociale e di volontariato (7,4%).
“La sfida – conclude Mandorino - è che all’approvazione della legge che riconosce la cefalea come patologia invalidante, seguano i decreti attuativi per fornire il giusto supporto ai pazienti che ne soffrono. Occorre prevedere un codice di esenzione per la cefalea primaria cronica e garantire, su tutto il territorio nazionale, l’accesso ai farmaci innovativi nonché criteri uniformi per la valutazione e l’eventuale riconoscimento della invalidità civile”.