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Cittadinanzattiva parte civile nel processo Cucchi: la verità sulla sua morte è esigenza di tutti i cittadini. Parlamento e Presidente del Consiglio mantengano la promessa: si introduca il reato di tortura anche in Italia
Oggi davanti alla Corte di Assise di Appello di Roma si è celebrata la prima udienza del  processo di appello bis per l’omicidio di Stefano Cucchi a carico dei medici dell’ospedale Pertini che lo ebbero in cura: Cittadinanzattiva è l’unica organizzazione presente come parte civile nel processo, rappresentata dall’avvocato Stefano Maccioni, che oggi ha discusso assieme al Procuratore Generale.

“Abbiamo accompagnato i familiari di Stefano in questa lunga avventura giudiziaria, perché l’esigenza di una parola di verità su questo decesso, avvenuto tra atroci sofferenze quando Stefano Cucchi era nella custodia dello Stato, è un’esigenza di tutti i cittadini”, dichiara Laura Liberto di Cittadinanzattiva-Giustizia per i diritti. “La difesa dei diritti umani, a cominciare dai luoghi di detenzione, ha direttamente a che vedere con l’esistenza civile di tutti, e su questo fronte continueremo a fare la nostra parte. Per queste stesse ragioni siamo convinti che debba essere ancora fatta piena luce su questa vicenda e che si debba procedere fino in fondo nell’accertamento di tutte le responsabilità”.

“E’ importante inoltre sottolineare come oggi il Procuratore Generale Rubolino abbia iniziato la sua requisitoria dichiarando che Stefano Cucchi, in Italia, è stato vittima di tortura, come Giulio Regeni in Egitto”, ha aggiunto Liberto. “Nonostante gli obblighi costituzionali, gli impegni internazionali assunti dallo Stato italiano quasi trent’anni fa, le condanne della CEDU, nell’ordinamento nazionale manca ancora la previsione di uno specifico reato di tortura. Quella di oggi è l’occasione per rinnovare ancora una volta il nostro appello al Parlamento perché venga colmata questa inaccettabile lacuna normativa ed al Presidente del Consiglio perché mantenga gli impegni assunti oltre un anno fa sull’introduzione del reato di tortura, all’indomani dell’ennesima condanna della Corte Europea”.

Ufficio Stampa

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