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Editoriali

A che punto è lo sviluppo di una mobilità sostenibile ed efficiente nelle nostre città? Congestione del traffico, livello di incidentalità, emissioni inquinanti, trasporto pubblico non rispondente alle esigenze dei cittadini, degrado delle aree urbane e consumo di territorio: sono i tanti problemi che abbassano la qualità e la sostenibilità della vita nei centri urbani e un ruolo centrale lo rivestono le amministrazioni locali e i cittadini-consumatori.

L’occasione della “Settimana Europea della Mobilità” costringe associazioni, istituzioni ed aziende ad interrogarsi sul processo e nella migliore delle ipotesi ad elaborare proposte ed alleanze.

Il tema scelto quest’anno, a tal proposito, è “Smart Mobility. Strong Economy.”

L’obiettivo europeo è far riflettere su quanto una pianificazione efficace e partecipata dell’uso dei trasporti pubblici possa rappresentare una grande fonte di risparmio economico per le pubbliche amministrazioni e per i cittadini, oltre che un’importante occasione per sostenere la crescita economica locale. Numerose ricerche hanno dimostrato infatti che un maggiore impiego di risorse pubbliche per migliorare il sistema dei trasporti, puntando sulla mobilità collettiva e condivisa è in grado, oltre che di rendere più sicure e vivibili le nostre città, anche di supportare e di far aumentare il senso di comunità, lo sviluppo locale e la diminuzione delle disuguaglianze.

Ma spesso, questi temi faticano a svilupparsi a giudicare dai problemi che i cittadini devono quotidianamente affrontare. Eppur, in questi mesi, qualcosa si sta muovendo. Prima della pausa estiva, il Ministero dell’Ambiente ha lanciato il decreto per la mobilità sostenibile. Il decreto fa parte del pacchetto di provvedimenti previsti dal collegato ambientale (legge n. 221 del 2015) ed è stato tra le misure “promesse” nel corso della crisi invernale da polveri sottili. A disposizione ci sono 35 milioni di euro per la mobilità sostenibile per gli enti locali, che hanno la possibilità di collaborare con associazioni ed altre istituzioni per formulare proposte condivise ed efficaci e per investire finalmente nella mobilità urbana. Tra i progetti finanziabili ci sono quelli riconducibili alla “sharing mobility”. Fare riferimento a nuove tipologie di servizio è possibile da qualche anno a questa parte specialmente grazie all’impulso della tecnologia: app e piattaforme web che, facilitando l’incontro tra domanda e offerta di mobilità, hanno consentito lo sviluppo di un nuovo mercato, con potenziali vantaggi in termini di efficienza sull’intero settore dei trasporti. La mobilità risulta essere sempre più guidata dalla domanda e, in questo contesto, la disponibilità di dati, la chiarezza informativa sui prezzi e la loro definizione in maniera equa e trasparente, la disponibilità di soluzioni multimodali, svolgono un ruolo chiave nello sviluppo di una mobilità non solo sostenibile ma efficiente e trasparente. Non a caso, all’interno della Comunicazione della Commissione Europea (COM(2016) 356) sull’economia collaborativa si fa esplicito riferimento all’applicazione nell’ambito dei trasporti come aspetto rilevante per incrementare l’efficienza del settore, valorizzandone la spontanea diffusione. Tra l’altro, in tempi non sospetti, il Ministero dell’Ambiente, attraverso la legge 422/1997, definisce il car sharing come una “forma complementare di trasporto pubblico locale”.

Un ruolo centrale ricopre l’educazione a un nuovo modello, più sostenibile e condiviso da parte dei cittadini. Promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini/consumatori permette di individuare soluzioni concrete a fenomeni molto complessi, le cui conseguenze sono riconducibili alla collettività, così come formare ed informare ad una maggiore attenzione per la sostenibilità delle proprie città, stimola una riflessione individuale sulle conseguenze dei propri comportamenti e sviluppa una coscienza sul proprio status di cittadino e sulla presa in carico tramite le proprie scelte quotidiane della propria comunità. La sfida per tutti i soggetti coinvolti è quella di costruire un’alleanza nel considerare e definire, appunto la propria comunità di riferimento (realtà urbana) come un “un bene comune” e tramite l’utilizzo delle nuove tecnologie e la conseguente facilità nella circolazione delle informazioni, generare “cambiamento” con intelligenza ed inclusione. La scommessa per un’associazione come Cittadinanzattiva è anche quella di contribuire a rendere i cittadini consapevoli che anche una scelta di mobilità è un atto di responsabilità.

Tina Napoli

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