Chi rappresentano realmente le organizzazioni civiche? E come vengono scelte dagli interlocutori pubblici e privati per realizzare progetti o formalizzare delle proposte? A questi e molti altri interrogativi ha cercato di dare una risposta il primo Forum "Rappresentanza e rappresentatività delle organizzazioni di cittadini: una questione irrisolvibile?", realizzato qualche giorno fa da Cittadinanzattiva e Fondaca-Fondazione per la cittadinanza attiva.
Da una indagine a campione, condotta su strutture pubbliche e private in cui è richiesta la partecipazione di organizzazioni civiche, è emerso come la richiesta di rappresentanza dei cittadini sia diffusa e sia cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni, tanto da spingere Regioni come la Puglia o la Toscana a dotarsi di specifiche leggi sulla partecipazione, Comuni come Roma a varare un specifico regolamento, così come l'Authority per l'energia elettrica o per le Comunicazioni.
Ma il proliferare di normative non ha comunque sciolto alcuni dei principali nodi della questione, cioè la quasi assoluta mancanza di trasparenza sui criteri in base ai quali si sceglie tra i possibili interlocutori. Nel corso delle interviste realizzate, è emerso infatti che i criteri utilizzati sono prevalentemente informali, discrezionali e non oggettivi. E, anche quando i criteri vengono esplicitati, non appaiono esaustivi visto che riguardano esclusivamente aspetti come la presenza su territorio, il numero di anni di attività, l'iscrizione ad appositi registri.
I risultati dell'indagine evidenziano la necessità, per garantire maggiori equità e trasparenza nella scelta delle organizzazioni di cittadini interlocutrici, che si passi dall'idea di rappresentanza a quella di "rilevanza". Mentre la rappresentanza di un'organizzazione è un concetto assoluto, legato alla sua essenza, nessuna organizzazione civica è rilevante in sé, ma lo diventa nella misura in cui può fare la differenza grazie ad una o più delle sue caratteristiche. Si è rilevanti in relazione a specifiche necessità e situazioni.
Sulla base di questo
concetto, assai più pragmatico, si può provare a definire un percorso di
sperimentazione, nelle modalità con le quali dovrebbe avvenire il coinvolgimento
delle organizzazioni civiche da parte delle istituzioni, basato su 7 principi.
Eccoli.
Diritto, non
discrezione. Tutte le organizzazioni di cittadini possono essere partner su
una base di uguaglianza e senza discriminazioni arbitrarie. Il loro
coinvolgimento non è prerogativa o privilegio delle istituzioni pubbliche, che,
dunque, non possono agire secondo propria convenienza.
Regole e criteri
definiti pubblicamente. I criteri per la identificazione delle
organizzazioni civiche rilevanti devono essere stabiliti in modo pubblico e in
anticipo. Le regole per la loro applicazione devono essere note agli attori
coinvolte e applicate in modo trasparente. Potranno esservi ovviamente casi di
esclusione, ma questi dovranno avvenire senza dubbi o
sospetti.
Criteri misti. I
criteri per la identificazione delle organizzazioni civiche non verranno fissati
una volta per sempre, ma saranno, di volta in volta, generali - perché il
coinvolgimento è una policy generale delle istituzioni pubbliche; specifici -
perché ci sono differenze tra i campi d'azione
e tra le varie fasi del policy
making; obiettivi - per evitare l'arbitrarietà; valutativi - per evitare la
burocratizzazione.
Norme flessibili.
I criteri e le regole devono tenere in conto sia le differenti situazioni che la
natura delle organizzazioni civiche coinvolte. Ai funzionari pubblici e ai
policy makers è richiesto dunque un alto livello di responsabilità: l'opzione
‘uomini senza regole' causa scelte inique, ma l'opzione ‘regole senza uomini'
provoca cecità.
Priorità alle
procedure. Nell'esperienza consolidata le concrete procedure sono il punto
debole della situazione attuale. Regole e criteri senza procedure non possono
funzionare. Le procedure devono essere giuste, razionali, pubbliche, trasparenti
ed efficaci.
Accompagnare le norme con le politiche. La definizione di criteri e procedure non basta. Occorre anche una politica pubblica volta a creare le condizioni per l'accesso delle organizzazioni civiche al processo. Questa politica dell'accesso dovrebbe comprendere misure relative a: informazione, comunicazione, supporto materiale e capacity building.
Includere le organizzazioni civiche nella definizione dei criteri. Occorre convocare le organizzazioni civiche per farle partecipare alla discussione e alla definizione dei criteri, delle procedure e delle policy; per ottenerne il consenso; per imparare dalla loro esperienza e competenza.
Teresa Petrangolini
Segretario generale di Cittadinanzattiva