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Editoriali

Congesso_2008Perché abbiamo deciso di intitolare il nostro III Congresso nazionale, che si è svolto a Roma dal 3 al 6 dicembre scorsi, La rivoluzione civica?
Siamo partiti da una domanda: qual è l'effettivo spazio politico che il mondo della cittadinanza attiva ha in Italia? Come rivela l'indagine condotta nel quadro del Civil society index, le organizzazioni civiche - che godono del livello massimo di fiducia da parte dei cittadini - "pesano" molto meno dei partiti, dei sindacati e dei media.

La nostra battaglia è quella di far corrispondere il peso alla fiducia, riconoscendo ai gruppi dirigenti civici, e ai cittadini in generale, il ruolo di attore della cosa pubblica, con compiti diversi, ma con la stessa dignità della classe politica tradizionale.

Una tale finalità non può che comportare un passaggio di poteri e di funzioni dalla rappresentanza politica alla rappresentanza civica. Si tratta di una operazione molto dolorosa per alcuni e assolutamente liberatoria per altri.

Chi potrebbe soffrire? Quei politici che non vivono se non hanno incarichi da assegnare in modo clientelare o per puro gioco di scambio. Dovrebbero infatti rinunciare a dare il posto nel nucleo di valutazione dei dirigenti della PA, nel Comitato etico dell'azienda dei servizi pubblici locali, nell'authority di controllo, nel difensorato civico. Infatti questi sono tipici ruoli, i primi di tanti, che vanno assegnati ai cittadini.

Soffrirebbero quegli amministratori pubblici che odiano la trasparenza e la consultazione, che si scandalizzano per l'uso "forte" di internet, che considerano un loro diritto non applicare le leggi favorevoli agli utenti. Soffrirebbero ancora gli amici degli amici, con le consulenze d'oro, lo scambio dei favori, il gioco degli appalti. Ci sarebbe però anche tanta gente felice, sia nel mondo politico che nella pubblica amministrazione. Quanti sono gli amministratori pubblici locali che non ce la fanno più a dover contrattare ogni scelta con il bilancino della politica? Quante volte ci è stato detto che è meglio trattare con i cittadini che con i partiti? In quante occasioni Cittadinanzattiva si è trovata a dare una mano ad amministratori pubblici soggiogati dalla logica delle corporazioni, dei signori dei posti letto, di sindacati irresponsabili? Noi dobbiamo allearci con chi ha bisogno del vento nuovo dell'attivismo civico per uscire da un sistema autoreferenziale fonte di sprechi e di sofferenze per i più.

Per fare tutto questo serve che in Italia avvenga una rivoluzione civica, vale a dire un processo di cambiamento che metta veramente il cittadino come utente e come attore al centro della politica e delle politiche, liberando l'Italia da un blocco, che non è stato superato nemmeno con le recenti innovazioni del Partito democratico e del polo del centrodestra. Il problema non è riposizionare gli schieramenti interni al sistema politico, modificando i nomi, ma cambiare profondamente una cultura politica che ormai ha condizionato tutti: i media, le leadership economiche, i sindacati, gli opinion leader.

Che reale possibilità avrebbe avuto da noi Barack Obama anche solo di candidarsi alle primarie, essendo un figlio di immigrato (da noi non avrebbe nemmeno la cittadinanza), un avvocato dei poveri e nero?

Cittadinanzattiva deve impegnarsi affinché il sistema politico si riapra alla società, a cominciare da due strumenti a portata di mano: la proposta di inserimento delle primarie nella Costituzione e la celebrazione del referendum sulla legge elettorale. Non è tutto, ma è sicuramente un buon inizio.

 

Teresa Petrangolini

Segretario generale

Redazione Online

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