Riceviamo e pubblichiamo volentieri. A firma di Mauro Artibani
Nell’avvicinarsi al libro si scorge un post it che sventola con scritto su: “il consumatore un imbelle? Pure però un agente economico!”
Poi ci si imbatte nelle dediche:
Ai sociologi che stigmatizzano il consumare e imprimono stigmate a chi consuma.
Agli economisti che non sanno misurare la forza economica di quel fare.
Ai politici che non scorgono quella forza, ancor meno la rappresentano.
A quei consumatori tremuli che obbediscono invece di comandare.
Parla a chi deve ascoltare; ad uno ad uno li prende di petto.
Ai Sociologi rifila una sequela: se non si mangia ma si ingrassa, se si veste alla moda che passa di moda, se per andare da qui a lì si acquista un Suv, non si è rimbambiti anzi. Si è affrancati dal bisogno, non più in una posizione di dipendenza. Si sta sul mercato in posizione di forza: badanti non più badati! Leggi tutto
Agli Economisti, che continuano a millantare il credito delle Imprese per la crescita economica manda a dire di dover rifare i conti poiché la sovraccapacità produttiva mostra come abbiano più bisogno i produttori di vendere che i consumatori di acquistare.
Ai Politici, approposito di bisogno, che organizzano le tutele per i consumatori, li fa saltare dalla sedia. Insipienti, non rappresentano la forza economica di quelli che, con la spesa, fanno il 60% del Pil. Già, proprio quei consumatori tutori della crescita, altro che tutelati!
Ai Consumatori da’ uno scappellotto e rifila i compiti per casa. Alla sovraccapacità dell’offerta tocca rispondere mettendo l’unica merce scarsa sul mercato: la domanda. Basta dilettantismo, occorre farsi “Professional consumer”.
Non pago, entra a piedi pari nella crisi, intravvede le cause, le causali, infine i rimedi.
Porta alla luce l’arcano: “ I redditi erogati dalle imprese a chi lavora alla produzione risultano insufficienti ad acquistare quanto prodotto. Questo impalla il meccanismo dello scambio.”
Per uscire dal guado, politiche deflattive hanno ficcato dentro debito in forma di credito per dare sostegno alla spesa, fin quando quel credito ha fatto sboom.
Tra l’eccesso di offerta, l’insufficienza della domanda, un credito ormai inattingibile ed un mare di guai individua un pertugio dal quale uscire per andare oltre la crisi.
Ne scrive la regola: "La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, nella “Libero Mercato S.p.A.”, con la spesa, remunera."
Essipperchè, dentro quella allegra società scorge squilibri da raddrizzare, ruoli da onorare, risorse da impiegare, azioni da retribuire.
Il montepremi da allocare, pressappoco 1500 miliardi di euro.
Un registro produttivo tutto nuovo intravvede che dovrà essere compilato e governato da quelli che avranno da guadagnare dal cambio di marcia!
Li prende e li nomina PORTATORI DI INTERESSE: Quelli che gestiscono le proprie prerogative nell’organismo dove prestano opera per influenzarne gli orientamenti e trarne vantaggio.I Consumatori per esempio, azionisti dell’organismo “Libero Mercato spa”, là dove si produce, si vende, si acquista; si crea valore, lavoro, ricchezza.
Già, pur essi operatori per vantaggio di bottega.
Tal vantaggio trova deciso agio con il governo di una Domanda misurata, cogente, remunerante che sappia anticipare l’acquisto, così da ridurre la dipendenza dall’informazione pubblicitaria, svestendo i vestimenti del marketing, controllando la spesa per tenere a bada l’impiego del reddito, pure il credito a debito.
Modi giusti questi per ridurre quelle ipertrofiche filiere produttive che disperdono gli utili d’impresa, gonfiano il prezzo delle merci, riducono i redditi da lavoro.
Altro giro, altro vantaggio, altra Domanda, magari eco-compatibile in grado di condizionare l’offerta, magari misurata nell’impiego delle risorse scarse, magari pure di merci ben confezionate per ridurre i volumi di smaltimento che inquinano, magari per contenere i costi epperchennò i prezzi e rassodare il potere d’acquisto.
Domande compatibili con gli interessi, lo sviluppo, la durata della bottega ed una nuova ed incisiva responsabilità sociale degli atti svolti.
Domande sapienti insomma che restituiscono dignità all’esercizio del consumo, ancorchè dovizia per l’interesse dei più; più di quello 0,15% fatto di impresari, gestori di capitale, manager, azionisti, interessati solo al proprio interesse.
Farlo coniugando tornaconto e responsabilità si può, si deve e così magari sottrarre pure minorità a quelle un po’ aristocratiche, seppur nobili, pedagogie del bene comune che abbaiano alla luna.
Fiuuuuuuu: non male!