Chi esce senza misure alternative torna in galera 7 volte su 10. Chi ha imparato un lavoro, 2 su 100.
Basterebbero questi dati per spiegare perché di progetti come il Birrificio Vale la pena ne servirebbe uno in ogni carcere. Si tratta di un progetto di inclusione cofinanziato dal Ministero dell’Università e Ricerca e dal Ministero della Giustizia e realizzato dall’associazione Semi di Libertà Onlus.
Detenuti ammessi al lavoro esterno, provenienti dal Carcere romano di Rebibbia, vengono formati ed avviati all’inclusione professionale nella filiera della birra. Il fine è contrastarne le recidive, al 70% tra chi non gode di misure alternative, ed al 2% tra coloro che vengono inseriti in progetti produttivi come il nostro.
Parte da Vale la pena, il nostro racconto sui tanti ospiti di SPREKO, la III Festa nazionale per la lotta agli sprechi, promossa da Cittadinanzattiva a Fiuggi a fine maggio.
L’obiettivo di Vale la pena è realizzare una filiera della birra, della qualità e della legalità, utilizzando esclusivamente materie prime del territorio coltivate in un ambito di economia sociale, dalla semina al bicchiere, realizzando una “camera di compensazione” tra il carcere e la società civile, un luogo che i detenuti frequentano per 18/24 mesi per essere avviati efficacemente ad un processo produttivo ed inclusivo.
L’impianto è situato nei locali dell’Ita Sereni di Roma, i cui studenti partecipano con i detenuti alle attività formative, ricevono lezioni di legalità e consumo alcolico consapevole, e vengono allenati ai valori dell’accoglienza e dell’inclusione.
L'etichettatura delle bottiglie ed il packaging vengono realizzati in team con i ragazzi autistici di L'emozioneNonHaVoce ONLUS.
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