Le donne oscillano tra il 4% ed il 5% della popolazione carceraria, ma in Italia sono solo quattro gli istituti penitenziari femminili per le recluse. Le detenute nel nostro Paese si trovano, quindi, nella stragrande maggioranza in sezioni ricavate all'interno degli istituti maschili in una condizione di minoranza numerica che ne compromette l'equità nell'acceso alle opportunità trattamentali, perché si tratta di luoghi pensati per gli uomini che nella pratica si trasformano in causa di discriminazione, senza considerare la differenza di genere. Perché quando è una donna ad entrare in carcere, si tratta spesso di madri, di mogli, che si trovano a fare i conti con il senso di responsabilità che le caratterizza, perché fuori ci sono quasi sempre dei figli, un marito, che restano abbandonati e senza sostegni.
Alcuni anni fa il Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria aveva attivato all'interno della sua struttura organizzativa un apposito settore dedicato alla riflessione sul tema della detenzione femminile, alle proposte, al monitoraggio delle situazioni concrete. Di ciò non si è più avuta notizia in anni recenti e purtroppo il Garante nazionale si è trovato di fronte ad alcune situazioni limite. Qualche passo in avanti c'è stato, ma ancora molta strada deve essere fatta.