La cultura carceraria è fatta di tradizioni consolidate che si tramandano da decenni. Occhi che esprimono consenso o riprovazione, la negatività di certi gesti che la scaramanzia condanna, parole che fanno parte di un gergo che nasce nei quartieri disagiati e viene assimilato dalle mura dei penitenziari. E poi esistono le canzoni che narrano di amori lacerati e di sesso non consumato o di ricordi di momenti intensi mai più vissuti. Ed infine le poesie, quelle dedicate alle proprie donne che ancora aspettano o che, invece, hanno scelto di vivere una esistenza senza più legami.
Pasolini, Raffaele Viviani, Ignazio Buttitta, Rosa Balestreri, Gabriella Ferri, Salvatore Di Giacomo sono i cantori della emarginazione popolare. A questi maestri sarà fatto omaggio con monologhi che narreranno di "vite violente", di una Napoli notturna ("pianoforte e notte"), dell'Ucciardone e di una Trinacria in cui l'indifferenza produce morte il prossimo 20 dicembre, alle 21, al Teatro Tirso a Roma (Via Tirso 89), grazie alla iniziativa promossa da Cittadinanzattiva e dalla Compagnia “Stabile assai” della Casa di Reclusione di Roma Rebibbia. Il costo del biglietto è di 20 euro.
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