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Comunicati

Cittadini immigrati, tra vecchie difficoltà e nuove sfide

Abbattere i luoghi comuni che spesso accompagnano gli immigrati per considerarli parte attiva della nostra società, elevando il fenomeno stesso dell’immigrazione a “bene comune”. Questo il messaggio lanciato nella giornata odierna a Roma a margine del convegno internazionale “I nuovi cittadini. Dai luoghi comuni ai beni comuni: l’immigrazione tra diritti, responsabilità e partecipazione” promosso da Cittadinanzattiva e Ambasciata degli Stati Uniti d’America in Italia, sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e con il Patrocinio del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati.

A confronto, interlocutori istituzionali italiani e statunitensi, magistrati, esponenti del terzo settore e delle associazioni civiche, associazioni di immigrati e delle seconde generazioni, intellettuali.

Il tema dell’immigrazione è stato affrontato da diversi punti di vista: confronto Italia-Usa sulle politiche nazionali di governo dei flussi migratori e dei modelli di integrazione; rispetto delle garanzie universali dei diritti dell’uomo e accesso ai sistemi di welfare; partecipazione e rappresentanza degli immigrati nella società civile come cartina di tornasole di una loro effettiva integrazione; accesso alla cittadinanza, con particolare attenzione ai giovani di seconda generazione, spesso italiani di fatto ma non di diritto.

Sullo sfondo, le crescenti richieste di informazione e tutela che i cittadini stranieri rivolgono alle Associazioni di tutela dei diritti operanti in Italia. Nelle storie raccolte da Cittadinanzattiva, la condizione di estrema “precarietà dei diritti” in cui versa gran parte della popolazione immigrata nel nostro paese, specchio delle principali difficoltà incontrate nell’accesso e nella fruizione del servizio sanitario, del servizio giustizia e della Pubblica Amministrazione in generale.

 

Immigrati tra sanità, giustizia e PA: la hit delle principali criticità

  1. Violazione dei termini – da parte delle Questure – per rilascio/rinnovo/conversione del permesso di soggiorno (20 gg.) e per il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (90 gg.).

  2. Lungaggini/pratiche inevase relative alla sanatoria per colf/badanti del settembre 2009, dovute anche alla scarsa chiarezza della relativa normativa.

  3. Anche tre anni per il riconoscimento/acquisto della cittadinanza italiana.

  4. Disparità di trattamento rispetto agli italiani in tema di costi delle prestazioni sanitarie e di continuità della cura, al di là delle prestazioni essenziali, anche a causa delle difficoltà del rinnovo del titolo di soggiorno.

  5. Atteggiamenti discriminatori a danno di stranieri inabili da parte delle commissioni mediche e interpretazioni erronee della normativa in materia di riconoscimento della invalidità civile con conseguente difficoltà di accesso alle prestazioni assistenziali.

  6. Provvedimenti di espulsione affetti da palesi vizi di illegittimità (es. mancata traduzione nella lingua dell’interessato).

  7. Difficoltà nell’accesso al credito, legata a instabilità lavorativa e temporaneità del titolo di soggiorno.

  8. Rigetto/difficoltà di attribuzione dell’indennità di accompagnamento.

  9. Difficoltà di accesso al patrocinio a spese dello Stato, legate principalmente all’ottenimento della certificazione consolare sui redditi da allegare all’istanza di ammissione, con conseguente sostanziale compressione del diritto costituzionale di difesa.

  10. Negato accesso a patrocinio gratuito a svantaggio dei richiedenti asilo, di regola impossibilitati a sostenere le spese dei ricorsi avverso i provvedimenti di diniego della protezione internazionale.

 

“Le quotidiane difficoltà che denunciano gli stranieri sono spesso una diretta conseguenza di politiche di accoglienza e di governo dei flussi migratori non più al passo con i tempi”, commenta Teresa Petrangolini, segretario generale di Cittadinanzattiva. “Per questo abbiamo ritenuto utile, da un lato, sostenere un confronto con la realtà statunitense, e dall’altro ricercare esempi positivi di modelli di integrazione presenti nel nostro stesso tessuto sociale, a dimostrazione di come sia possibile un’alternativa alla politica reclusiva dei Centri di Identificazione ed Espulsione”.

In particolare, dalla Calabria la testimonianza dell’altra faccia delle recenti vicende di Rosarno, laddove in tre comuni della locride (Stignano, Caulonia e Riace) si è assistito ad una reale integrazione degli immigrati (nello specifico, rifugiati) dal punto di vista lavorativo e alloggiativo, capace di risollevare l’economia locale.

 

Permessi di soggiorno & class action. I lunghissimi tempi di attesa (oltre cinque mesi di media) e conseguenti ritardi di Questure e Prefetture nella trattazione delle pratiche relative a rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno sono spesso imputabili alla inefficienza e alla disorganizzazione dei competenti uffici (es. smarrimento delle pratiche), nonché alla farraginosità della macchina burocratica e dell’iter procedurale (es. lacune nella documentazione non adeguatamente comunicate agli interessati, sovente pretestuose). Gli effetti? La lesione di diritti fondamentali come il diritto alla libertà di circolazione, a lavorare (“ho il posto di lavoro ma mi mancano le carte”) e studiare (frequenti i casi in cui le Università rigettano le richieste di iscrizione da parte di stranieri in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno).

A fronte di questa situazione, e sulla base delle numerose segnalazioni ricevute, Cittadinanzattiva ha promosso un’azione collettiva contro la PA, nell’interesse dei cittadini immigrati che subiscono questi pesantissimi disservizi.

“Il rilascio dei permessi di soggiorno”, aggiunge la Petrangolini, “come paradigma di un’Italia fatta di standard di qualità non rispettati e paradossi diffusi: nonostante la legge prescriva in relativi pochi giorni il tempo massimo per la conclusione dei procedimenti di rilascio, rinnovo e conversione dei permessi di soggiorno, spesso la risposta arriva dopo più di un anno con il risultato che il permesso, al momento della consegna, risulta già scaduto”.

 

L’integrazione civica degli immigrati? “Un problema aperto”. Così lo definisce Giovanni Moro, presidente di FONDACA, Fondazione per la cittadinanza attiva, che nel corso del convegno ha presentato la prima indagine in tema di integrazione degli immigrati di prima e/o seconda generazione nelle organizzazioni di cittadini operanti in Italia. Interpellate 31 organizzazioni della società civile iscritte nel registro del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e impegnate principalmente sul versante dell’immigrazione, ed altre 90 organizzazioni che svolgono attività non focalizzate sul tema dell’immigrazione. Di seguito i principali risultati:

  • Nel caso delle organizzazioni non focalizzate, la presenza degli immigrati si attesta al 26%, anche se nella maggioranza dei casi (più del 70%) il loro numero non supera il 5% del totale degli affiliati; solo 8 organizzazioni dichiarano di coinvolgere gli immigrati in ruoli di leadership.

  • Nel caso delle organizzazioni dedite all’immigrazione, la presenza degli immigrati sale al 90%. In media, vi sono 8,6 immigrati per organizzazione, con un rapporto di 4 a 1 tra donne e uomini. Inoltre, gli immigrati che svolgono mansioni retribuite (principalmente di mediazione culturale e orientamento, oltre ad attività legati a progetti specifici) sono il triplo dei volontari. Basso il numero delle organizzazioni (5 su 31) in cui gli immigrati svolgono mansioni legate al funzionamento della struttura (amministrazione, comunicazione, segreteria).

Redazione Online

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