Per i pazienti cronici e rari difficoltà e ritardi nelle cure; associazioni protagoniste nella risposta alla pandemia. Presentato il XVIII Rapporto nazionale di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità.
Alle prese con problemi pratici come la cancellazione improvvisa di visite ed esami programmati e un senso di abbandono e di incertezza. È così che i pazienti “ordinari” hanno vissuto il periodo di emergenza sanitaria. E nello stesso tempo associazioni civiche e di tutela dei diritti che, sin da subito, si sono attivate con senso di responsabilità, creatività ed energia rivelandosi spesso l’unico punto di riferimento e l’unico servizio a disposizione dei cittadini.
È la doppia faccia della medaglia, nei risvolti della pandemia sui malati cronici e rari, che emerge dal XVIII Rapporto nazionale di Cittadinanzattiva sulle politiche della cronicità, presentato oggi dal titolo “Isolati ma non soli: la risposta alla pandemia nel racconto delle associazioni”. Il Rapporto nasce dal racconto di 34 associazioni di pazienti con malattie croniche e rare aderenti al CnAMC (Coordinamento nazionale Associazioni Malati Cronici) di Cittadinanzattiva.
“Un racconto che ci restituisce i problemi che le persone con patologie croniche o rare hanno incontrato nel rapporto con un servizio sanitario totalmente e “eroicamente” concentrato nell’arginare l’epidemia, ma che ha nel contempo svelato i limiti che pre-esistevano all’emergenza. Un racconto che mostra, attraverso la vita delle persone con patologie croniche e rare durante il Covid-19, che se si fosse attuato a tutti i livelli il Piano nazionale delle cronicità, molta della sofferenza si sarebbe potuta evitare. Ma è un racconto che restituisce anche – in modo tangibile - la grande forza riformatrice delle organizzazioni civiche, capaci di rispondere tempestivamente ai nuovi bisogni, organizzando servizi, costruendo alleanze, segnalando in modo puntuale cambiamenti normativi o procedurali necessari, mobilitando risorse (umane ed economiche), innovando le proprie modalità di funzionamento e introducendo e promuovendo pratiche dalle quali non si dovrà tornare indietro quando tutto sarà finito”, dichiara Anna Lisa Mandorino, vice segretaria generale di Cittadinanzattiva.
I disagi dei pazienti
Più di due pazienti su cinque raccontano di visite, esami o interventi cancellati; più di uno su tre ha avuto difficoltà a restare in contatto con gli specialisti e i centri di riferimento per la propria patologia; più di uno su dieci non aveva a disposizione i dispositivi di protezione individuale o non ha trovato i farmaci di cui aveva necessità perché, molto spesso, utilizzati per i pazienti covid. Alle difficoltà “pratiche” si sono aggiunti i disagi psicologici, segnalati da quasi tre cittadini su cinque: incertezza, paura, ansia, tristezza, senso di solitudine, angoscia, fatica, confusione. Sono questi gli effetti che la pandemia ha scatenato sui pazienti con malattie croniche e rare, a partire dal lockdown e con conseguenze ben visibili ancora oggi.
La risposta delle associazioni
Dal laboratorio di dialettica per i ragazzi con deficit dell'ormone della crescita allo sportello online per le donne con fibromialgia, dai corsi yoga online per l’endometriosi al gioco sulle malattie rare, oltre l’85% delle associazioni ha potenziato le attività per restare in contatto e sostenere, nelle modalità ed ambiti più vari, i propri associati. Il 70% ha incrementato i canali di comunicazione verso i propri associati, il 50% ha attivato servizi di sostegno psicologico, il 38% servizi di socializzazione come laboratori, videochat di gruppo, raccolta di testimonianze, giochi, supporto sociale ed educativo, quasi il 15% ha organizzato videolezioni di attività motoria e circa il 9% ha attivato anche un servizio di assistenza legale e lavorativa. Una associazione su tre ha stretto collaborazioni con professionisti sanitari per ottenere informazioni e consulenze online per i propri pazienti, ma anche con altre realtà associative per realizzare campagne di informazione e fare pressione sulle istituzioni.
Dalla pandemia anche soluzioni da diffondere per non tornare indietro.
GARANTIRE PIU’ INNOVAZIONE. Il 27,5% delle associazioni nel 2019 dichiarava di doversi recare personalmente allo sportello per richiedere gli esami e le visite di controllo necessari (Rapporto Cnamc 2019). Nel periodo del lockdown le associazioni hanno sperimentato l’innovazione soprattutto nella fase della presa in carico e della gestione della malattia, avendo esse stesse dovuto garantire in emergenza servizi di telemedicina e di tele riabilitazione; ma le possibilità offerte dall’innovazione tecnologica e dalla digitalizzazione sono decisive altrettanto nella fase della prevenzione e per l’aderenza terapeutica.
Occorre dunque ripartire da cose tanto scontate quanto trascurate: in primo luogo, l’implementazione del fascicolo sanitario elettronico e l’avvio di procedure di semplificazione per accedere a esso; in secondo luogo, l’incremento dei servizi di telemedicina per controlli e consulti, e per la gestione dei pazienti al domicilio; infine, la messa in rete delle farmacie con gli altri attori che tutelano la salute pubblica, allo scopo di favorire sinergie e con particolare attenzione alle aree interne laddove i servizi sono rarefatti, la percentuale di persone con malattia cronica molto alta anche per questioni demografiche, il ricorso all’ospedalizzazione spesso improprio per la mancanza di alternative rassicuranti.
RIDURRE LA BUROCRAZIA E DARE PIU’ TEMPO PER LA RELAZIONE. Sempre nel 2019, il 42,5% delle associazioni segnalava la necessità di avere più tempo e qualità nella relazione fra paziente e operatori sanitari. Il tempo per l’ascolto e per la relazione deve essere “recuperato” adottando modalità di presa in carico e di gestione dei pazienti cronici orientate alla semplificazione e al superamento delle difficoltà burocratiche, come richiesto dal 55,2% delle associazioni dei malati cronici.
Per ridurre la burocrazia si devono portare a regime alcune importanti procedure sperimentate durante il periodo di emergenza, come la ricetta dematerializzata e il rinnovo automatico dei Piani terapeutici. Ma anche consentire un accesso più veloce ai farmaci contro il dolore, facilitare i percorsi di riconoscimento dell’invalidità, garantire un’assistenza farmaceutica e protesica non solo efficace, ma anche equa su tutto il territorio nazionale.
GARANTIRE OSPEDALI DI QUALITA’ E SERVIZI DI PROSSIMITA’. Il Rapporto Cnamc del 2019 segnalava come fattori di criticità la scarsa integrazione tra assistenza primaria e specialistica, la mancanza di continuità assistenziale nel passaggio da ospedale a territorio e il mancato potenziamento delle cure domiciliari, la scarsa personalizzazione delle cure.
Alcuni modelli di assistenza che spostano alcune prestazioni dall’ospedale al territorio o al domicilio vanno estesi: ne sono esempi la somministrazione di farmaci per pazienti oncologici, al di fuori degli ospedali, utilizzando le diramazioni territoriali delle ASL/ASST o il domicilio del paziente; il passaggio a vie di somministrazione terapeutica più facilmente gestibili, rispetto a quelle infusionali, presso le strutture territoriali o a domicilio per quei farmaci che presentano entrambe le vie di somministrazione e a parità di indicazione terapeutica autorizzata; la consegna al domicilio in considerazione di particolari difficoltà di spostamento del paziente, di quelle terapie farmacologiche normalmente distribuite in modalità diretta (PHT), previa autorizzazione del medico referente; la somministrazione dei vaccini in luoghi alternativi ai centri vaccinali e più prossimi ai cittadini come presso i MMG e i PLS, i luoghi di lavoro, le farmacie, le scuole.
TORNARE A CURARCI. Nel 2019, l’82% delle persone con malattia cronica o rara ha registrato un ritardo di diagnosi dovuto a vari fattori fra i quali la sottovalutazione dei sintomi, la mancanza di personale specializzato sul territorio, le liste d’attesa (Rapporto CnAMC 2019).
La pandemia ha accentuato tali problemi. Ma, come lo stesso Ministero della Salute afferma sul suo sito web “Le persone con patologie croniche devono riprendere quanto prima i percorsi di cura, se rinviati nella fase emergenziale della pandemia”. “Torniamo a curarci”, come dice la campagna di informazione appena lanciata da Cittadinanzattiva. Per far questo, occorre pianificare percorsi e procedure ad hoc per tutti i soggetti fragili e per coloro, familiari o caregiver, che li sostengono; occorre offrire uniformità e pari opportunità di accesso ai servizi, a prescindere dal luogo di residenza; occorre investire sul ruolo del caregiver attraverso una sua adeguata formazione e soprattutto attraverso la semplificazione del percorso di riconoscimento della qualifica di caregiver.
FAVORIRE LA PARTECIPAZIONE CIVICA. Il 43,1% delle associazioni ha risposto di non essere stata coinvolta per nulla, in nessuna Regione, nell’attuazione del Piano delle cronicità e il 25,6% di non sapere se, rispetto alla patologia di riferimento, i dati relativi ai pazienti fossero inseriti in registri regionali o nazionali (Rapporto Cnamc 2019). Riguardo alla promozione della salute, alla prevenzione e alla diagnosi precoce, l’82,3% dei programmi per la modifica degli stili di vita e per il contrasto dei fattori di rischio è stato promosso dalle associazioni stesse, e solo il 4,3% da Regioni, medici e università pubbliche.
Anche fuori dall’emergenza di questi mesi, la condizione della sanità pubblica e la sua riforma non possono essere affrontate che in un’ottica di protagonismo delle comunità e di sinergia tra istituzioni, operatori e cittadini.
Il XVIII Rapporto sulle politiche della cronicità è stato realizzato con il sostegno non condizionato di MSD.