“E che ci vuole? Doveva solo prometterlo in campagna elettorale, dopo, sai com’è, quello che è stato è stato”. E’ una breve conversazione carpita nel mio quotidiano viaggio sui mezzi pubblici a Roma. Beh, le parole non erano esattamente così, forse un po’ più colorite, ma il senso credo di averlo rispettato. Questa conversazione mi è tornata alla mente stamattina, quando Elio Rosati, che si sta occupando per “Cittadinanzattiva informa” di contattare i candidati premier, mi ha detto che alle nostre domande ha risposto solo Bersani. Per noi da un lato è una buona notizia, infatti Bersani era stato l’unico a mancare all’appello due mesi fa, quando abbiamo chiesto ai candidati alle primarie del centrosinistra di darci risposte chiare su alcuni punti.
Dall’altra parte però è molto negativa. Dei 6 candidati premier, solo 1 ha valutato importante rispondere alle domande sul programma fatte da una organizzazione civica. Questo ci suona molto strano, ma è anche una conferma delle sensazioni che molti di noi hanno avuto in questi giorni di campagna elettorale, tutta improntata sugli scontri e i personalismi, piuttosto che sui programmi. E cioè che tutti sono molto bravi a parlare dell’importanza dei cittadini, l’importante è che questi gli diano il voto, si affidino loro,e che soprattutto non facciano domande, non propongano nuove leggi o referendum, e che non si permettano, che sfacciati, di “chiedere conto” delle promesse e dei reali risultati.
Dal canto nostro non ci daremo per vinti, continueremo a impegnarci per la tutela dei diritti, a fare domande perché si risponda, a chiedere conto, a premere perché i cittadini siano davvero centrali nelle scelte. Come mi diceva un leader di Cittadinanzattiva qualche anno fa: “Non ti preoccupare, i partiti passano, i cittadini attivi no”.
Alessandro Cossu, responsabile ufficio stampa e comunicazione di Cittadinanzattiva
Ecco le domande inviate ai 6 candidati Premier e le risposte dell'Onorevole Pierluigi Bersani
1. Nelle classifiche che vengono stilate ogni anno l’Italia figura sempre tra le peggiori dal punto di vista della corruzione. Si calcola che il fenomeno della corruzione ci costa oltre 60 miliardi di euro anno. Intende fare qualcosa su questo fronte? E cosa eventualmente?
La cultura dell’illegalità rappresenta uno dei più rilevanti ostacoli allo sviluppo sociale del Paese. Solo per la corruzione ciascun cittadino italiano paga una tassa occulta di oltre 1500 euro ogni anno. Un dato per noi inaccettabile. Se toccherà a noi governare, tra i primi interventi proporremo alcuni provvedimenti specifici: il rafforzamento delle norme contro la corruzione, la cancellazione delle leggi ad personam, la reintroduzione del falso in bilancio, il rafforzamento della normativa sul voto di scambio e sull'incandidabilità, nuove norme sul conflitto d'interessi, l'introduzione del reato di autoriciclaggio, una maggiore trasparenza negli appalti.
2. Tutti dicono di mettere al centro i cittadini. Ma con questa legge elettorale i cittadini non hanno voce in capitolo. Quale è la sua proposta in merito?
La legge elettorale è da cambiare proprio per restituire ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti. In questa legislatura, il centrodestra in Parlamento non ha permesso che si arrivasse alla riforma della legge elettorale votata a maggioranza da Berlusconi, dalla Lega, da Fini e dall’Udc. Il Pd ha mantenuto la promessa di superare il porcellum con le Primarie per la selezione dei deputati e dei senatori, una scelta di partecipazione popolare che ha permesso ai nostri elettori di individuare il 90 per cento dei candidati e garantito, fatto rivoluzionario, la presenza di almeno il 40 per cento di donne nei nostri futuri gruppi parlamentari. E’ stato un passaggio significativo perché abbiamo dimostrato con i fatti che facciamo veramente quello che diciamo. In ogni caso dobbiamo assolutamente arrivare a una riforma del sistema elettorale attuale. Il Pd riproporrà il modello del collegio uninominale a doppio turno, un sistema che garantisce la governabilità e la restituzione del potere di scelta agli elettori. Il collegio uninominale è infatti il luogo nel quale il partito assume il volto concreto di un candidato, che diventa la “faccia” della coalizione e del programma in uno specifico contesto territoriale.
3. Balotelli ed El Sharawai sono la coppia di attacco della nazionale italiana di calcio. Cosa intende fare, se vuole farlo, per dare la cittadinanza ai ragazzi nati in Italia da genitori non italiani?
Noi vogliamo che i figli degli immigrati che nascono e studiano qui siano italiani.
4. Il fisco è diventato il metro di paragone di ogni programma elettorale. Quale è la sua ricetta sul tema? Come intende raggiungere maggiore equità fiscale? Più Stato o più mercato?
La prospettiva di medio periodo del Partito Democratico è quella di una riduzione del peso dell’imposizione fiscale, prima per i redditi bassi e i ceti deboli, sul lavoro e sugli investimenti delle imprese, e successivamente per i ceti medi. Dal contrasto all’evasione e all’elusione e dall’affermazione del principio della fedeltà fiscale dovrebbero arrivare le risorse necessarie. In quest’ambito gli interventi riguardano l’uso concreto ed efficiente delle banche dati, le misure per ridurre la circolazione del contante, la trasparenza e la tracciabilità nei pagamenti, le limitazioni allo spostamento di fondi da un Paese all’altro. A fini di equità sociale, dobbiamo rimodulare l’Imu a costo zero per lo Stato. Come? Esentando i proprietari di prima casa fino a 500 euro di imposta; aumentando progressivamente le aliquote a partire dai patrimoni immobiliari di valore catastale superiore a 1,5 milioni di euro (circa 3 milioni di euro di valore commerciale). Infine dovremo fare ogni sforzo per non far scattare a luglio l’aumento dell’Iva che avrebbe un ulteriore impatto recessivo sulla nostra economia.
5. Il sistema di Welfare è in crisi: la salute ogni giorno viene messa a rischio dall’organizzazione dei servizi con tagli lineari, assenza di idonei servizi, carico sulle famiglie sempre maggiori. Cosa crede necessario fare per garantire un sistema sanitario all’altezza dei bisogni dei cittadini?
Le carenze del sistema del welfare italiano stanno scaricando sulle famiglie una funzione di supplenza che, con la crisi in atto, rischia di mettere in discussione la tenuta delle relazioni familiari con pesanti costi e ricadute sociali. Non è dunque più rinviabile un intervento per invertire questa situazione. E’ per questo che ci siamo battuti strenuamente in Parlamento per modificare nel segno dell’equità l’ultima manovra economica. Abbiamo ottenuto un’importante inversione di tendenza: per la prima volta, dopo i tagli continui che si sono registrati tra il 2008 e il 2012, grazie ai nostri emendamenti, nel 2013 sono stati previsti 300 milioni per il fondo nazionale politiche sociali e 275 milioni per quello sulla non autosufficienza. Un intervento necessario per scongiurare il gravissimo rischio di chiusura della rete dei servizi sociali a seguito dei tagli che si sono ripetuti negli ultimi quattro anni. Si tratta chiaramente di un intervento emergenziale, mentre i servizi sociali e le persone non autosufficienti si attendono giustamente, dopo oltre 10 anni dalla riforma 328/00, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Leas) e il correlato finanziamento che sarà graduale e quindi commisurato agli “obiettivi di servizio”.
6. La scuola ha oramai problemi evidenti legati alle risorse umane (insegnanti e loro stabilizzazione ad esempio) ed alle risorse strutturali (il problema della sicurezza degli edifici e in generale della cura dell’edilizia scolastica è a livelli allarmanti). Quale pensa sia l’azione prioritaria su questo versante?
Se saremo chiamati a governare il cuore del nostro programma sarà di restituire all'istruzione le risorse, la stabilità e la fiducia necessarie. Dico questo nella consapevolezza che le ricette economiche non bastano a uscire dalla crisi: per fermare il declino è necessario rilanciare la formazione. In Europa, il nostro è uno dei Paesi con meno laureati, dove si legge di meno e si abbandona più precocemente la scuola. Questo incide sullo sviluppo economico, sociale e culturale dell’Italia. Se dunque c'è un settore in favore del quale è giusto che altri ambiti della spesa statale rinuncino a qualcosa, quello è la formazione dei giovani. Dovremo investire in istruzione e diritto allo studio larga parte delle risorse rese disponibili dalla lotta all'evasione fiscale e alla corruzione, per riportare gradualmente l'investimento al livello medio dell'Ocse. Inoltre interverremo sulla sicurezza delle scuole attraverso un programma di investimento sugli edifici e allentando il patto di stabilità interno per gli enti locali che investono per dotarsi di ambienti di apprendimento innovativi ed ecosostenibili. Serve infine un nuovo sistema di formazione e reclutamento degli insegnanti. Dagli anni Ottanta, sono state approvate continue riforme, con una stratificazione di diritti, spesso lesi, e sistemi ingarbugliati di punteggio che hanno alimentato sfruttamento e frustrazione professionale, precarietà di vita degli insegnanti e precarietà dell'apprendere. Dobbiamo adesso esaurire le graduatorie permanenti che negli ultimi anni sono raddoppiate aumentando il numero dei precari e restituire slancio e fiducia all’intero sistema.
7. Possibile che sulla cultura il nostro paese così ricco su questo versante, non riesca a impegnare nessun tipo di visione e di progetto di sviluppo? Cosa farebbe per cambiare questa situazione di marginalità politica del tema?
Da tempo, e con insistenza, cerchiamo di imporre nell’agenda politica il tema della cultura non solo come diritto dei cittadini – garantito e difeso dalla nostra Costituzione – ma più in generale come chiave del rilancio del Paese. Il sapere è sviluppo, l’innovazione e la qualità sono il nostro futuro. Dunque, partiamo dal nodo essenziale: le risorse dedicate alla cultura, all’università e alla ricerca sono investimenti. Per contrastare la marginalità di questo tema cruciale della vita di ogni Paese è essenziale perciò che esso non sia confinato agli affari del ministero della Cultura. Il prossimo governo deve assumerlo come questione nazionale e noi così faremo. Noi imposteremo una strategia di sviluppo che riconosca la priorità dell’industria culturale e della creazione: prima della crisi, questo settore produceva in Europa il doppio di Pil dell’industria dell’auto. Centinaia di migliaia di lavoratori, migliaia di imprese del nostro paese sono state abbandonate a se stesse e noi vogliamo e dobbiamo dargli nuovi orizzonti di opportunità. Occorre poi riorganizzare l’intero settore per evitare due meccanismi dannosissimi: i finanziamenti a pioggia, che portano spesso sprechi e a scelte non di qualità, e il clientelismo, puntando alle competenze e affidando i ruoli guida alle professionalità migliori.
8. Sul lavoro cosa intende fare? Si parla molto della disoccupazione giovanile, che è altissima, ma può dirci cosa pensa anche riguardo della disoccupazione di chi giovane non è più e che spesso, se resta disoccupato, vive una situazione drammatica?
Abbiamo proposto cinque azioni per rilanciare l’economia reale. Provvedimenti che saranno fra i primi che il nuovo governo adotterà e che avranno l’effetto di far ripartire l’occupazione. Daremo respiro alle imprese con un piano di 50 miliardi in 5 anni per il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione nei loro confronti. Una misura che sarà finanziata con l’emissione di titoli ad hoc sul modello dei Btp Italia. Lanceremo un programma di investimenti per un grande piano di piccole opere: 7,5 miliardi di euro in tre anni per mettere in sicurezza scuole e ospedali: sarà possibile farlo riducendo le spese per i cacciabombardieri, attraverso i fondi strutturali europei e gli sgravi fiscali per i privati che investono. Attueremo un piano per l’economia verde con lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili e con la riqualificazione degli immobili, per rivitalizzare l’edilizia senza consumare territorio. Daremo vita a una grande opera infrastrutturale per la Banda larga e l’ Ict per sviluppare un sistema di servizi che dia lavoro ai giovani. Riprenderemo il piano Industria 2020 che servirà a portare sviluppo tecnologico, internazionalizzazione e ricerca nei settori del saper fare italiano. Puntiamo inoltre a ridurre il peso delle imposte sul lavoro e sugli investimenti delle imprese che producono occupazione. Per combattere la precarietà va riaffermato il principio che il lavoro stabile costi meno di quello a tempo determinato.
9. In pensione più tardi, ma il potere di acquisto delle persone è ridicolo rispetto al mercato. Cosa vuole fare su questo fronte?
Non soltanto il pensionato, ma la famiglia nel suo complesso è il soggetto che soffre di più. Quattro anni di governo Berlusconi/Tremonti/Bossi e la pesante eredità lasciata da costoro a Monti hanno contribuito a determinare la peggiore delle condizioni: meno entrate e più uscite nel bilancio di ogni famiglia e ciò a causa della diminuzione del reddito disponibile e del contestuale incremento delle spese incomprimibili (tasse e imposte, energia e gas, carburanti, trasporti, rcauto). Le famiglie si sono impoverite. Se tocca a noi, studieremo come evitare l’ulteriore aumento di un punto dell’aliquota IVA del 21 per cento che scatterà il prossimo 2013 e che è stato già deciso dal governo Monti. E ci impegneremo per attenuare l'impatto della crisi sulle classi sociali più in difficoltà. Tra l’altro, interverremo sul costo dei carburanti applicando il meccanismo della cosiddetta “accisa mobile” introdotto dal Governo Prodi nel 2008 per sterilizzare gli incrementi del costo dell’IVA e calmierare così il prezzo al consumo.
10. L’Italia è una paese ben strano circa il tema delle liberalizzazioni che dovrebbero andare a sostegno dei cittadini-consumatori abbassando tariffe e mettendo in concorrezza quali-quantitativa i diversi operatori. Come mai da noi sembra vigere sempre la legge del più furbo dove liberalizzare significa favorire lobby e aziende a discapito dell’interesse generale? Intende realizzare liberalizzazioni? Se si come e in quali settori?
Se nel nostro Paese si è affermata un’accezione positiva del termine “liberalizzazioni” lo si deve all’impegno del Partito Democratico e alle riforme che ho promosso ai tempi in cui sono stato Ministro. Riteniamo che un mercato aperto, concorrenziale e trasparente, la tutela del cittadino-consumatore, l’espansione delle opportunità per le nuove generazioni e la tutela dei beni e dei valori collettivi costituiscano i tratti distintivi di una nuova regolamentazione dei mercati (il contrario delle tesi liberiste che spingono invece verso una totale deregulation): una regolazione che sia rivolta a liberare possibilità di lavoro per i giovani, a favorire la concorrenza e così anche a calmierare i prezzi. Dopo la stagione del governo Prodi, le politiche di liberalizzazione e di tutela dei consumatori sono state messe in soffitta da Berlusconi. Anzi, per larga parte sono state addirittura smantellate. Il PD ha già presentato in Parlamento oltre 30 misure di liberalizzazione che verranno ripresentate e rafforzate nella nuova legislatura. Il nuovo Governo sarà chiamato ad adottare il disegno di legge annuale sulla concorrenza dando seguito a una norma del 2009 finora inapplicata. Anche Monti non è riuscito, pur avendolo annunciato, a consegnare al Parlamento questo provvedimento per le resistenze delle lobbies e del PDL. Tra i settori più bisognosi di interventi segnalo la distribuzione dei carburanti e dei farmaci, i servizi assicurativi e finanziari, l’energia, i servizi professionali, i trasporti e le attività a essi connessi, le telecomunicazioni.
11. In Italia lo stato della giustizia è deprimente da molti punti di vista. Per dare tempi certi e garanzie per tutti cosa crede necessario fare nel settore? Sulla giustizia civile, con processi che durano oltre dieci anni, cosa intende fare? Favorevole o contrario ad abolire/modificare la ex Cirielli? Favorevole o contrario ad abolire/modificare la Fini-Giovanardi? Lei adotterebbe un provvedimento di clemenza per i detenuti?
Siamo convinti che se si vuole davvero modernizzare la giustizia e attuare anche in Italia un processo dalla ragionevole durata bisogna affrontare il problema in maniera sistematica, prima dal punto di vista ordinamentale e organizzativo, poi da quello delle norme, ferma restando la necessità di cancellare quelle ad personam. I campi di intervento sono diversi: dalla riorganizzazione degli uffici giudiziari, anche mediante la ridefinizione dei distretti, per arrivare ad una diversa e più razionale allocazione delle risorse. Bisogna poi intervenire per garantire il passaggio effettivo e uniforme sul territorio nazionale al processo telematico e per l’applicazione dell’informatica a tutti gli atti del processo. E’ necessaria una semplificazione dei riti, una maggiore efficienza della giustizia civile e un piano di investimento in strutture e personale. Per quanto riguarda la ex Cirielli proponiamo la sua abolizione, così come siamo favorevoli a interventi radicali sulla Fini-Giovanardi. Mentre sulla condizione di emergenza umanitaria che si vive nelle carceri italiane crediamo che si debba agire attraverso una pluralità di equilibrati interventi: nel rispetto della sicurezza dei cittadini, il carcere deve essere considerato l’extrema ratio, prevedendo la reclusione per i soli reati più gravi e trasformando in pene principali le attuali misure alternative alla prigione – dalla detenzione domiciliare, alla sorveglianza speciale, all’affidamento in prova – oggi irrogate in sede di esecuzione della pena.