Proprio in queste ore la Procura di Napoli ha disposto il sequestro a Bagnoli dell'area dell'ex Italsider. Indagate per disastro ambientale 21 persone. Sotto accusa la mancata bonifica e la trasformazione della zona, nel corso degli anni, in un deposito di rifiuti pericolosi. Un cimitero di rifiuti.A Taranto, negli scorsi giorni, il Comune ha disposto il blocco di ogni attività nel cimitero di San Brunone nel quartiere Tamburi - non una metafora, questa volta, un cimitero vero e proprio, per la sepoltura dei morti -, perché l'accumulo delle sostanze tossiche nella terra di cui è fatto è tale da rendere insicuro lavorarci e insicuro perfino bonificarlo.
Poi, l'altro ieri sera, la sentenza della Corte di Cassazione sulla costituzionalità del decreto Ilva.
È costituzionale quel decreto, che è servito a trasformare in legge l'Autorizzazione di impatto ambientale, un atto amministrativo dunque, e che, in attesa di una bonifica che intanto ha già cominciato a slittare rispetto alle prescrizioni della legge, ha autorizzato la proprietà dell'Ilva a continuare a produrre a suo piacimento, in spregio alle decisioni della magistratura tarantina. Cioè senza garanzie e senza condizioni, nonostante gli appelli accorati dei cittadini e delle organizzazioni della cittadinanza attiva, fra le quali la mia.
Nella forma la legge è costituzionale, le motivazioni si conosceranno presto. I cittadini di Taranto, i cittadini italiani visto che Taranto è un'emergenza nazionale, non possono che prenderne atto rispettosamente, anche perché, come d'altra parte spetta fare alla Consulta, saranno motivazioni tutte giocate in punto di diritto e col cesello dei distinguo formali.
Ma a Taranto la forma non conta, perché là parlano i fatti e nessuno, che non si sia fermato almeno una volta sul Ponte girevole, accorgendosi di avere intorno una delle più belle città d'Italia e davanti agli occhi, solo a guardare e senza bisogno di dati, statistiche, atti burocratici, la ragione del suo scempio, può dire il contrario.
E i fatti sono questi.
È un fatto che non vi sia impianto siderurgico al mondo, delle dimensioni di quello di Taranto che è il più grande stabilimento siderurgico in Europa, che sorga nel cuore stesso di una città.
È un fatto - considerati i dati epidemiologici prodotti prima dai cittadini, poi dai periti, fatti propri dalle sentenze della magistratura tarantina e confermati, con qualche resistenza a renderli pubblici, dal Ministero della Salute con il rapporto Sentieri - che vi sia un nesso di causa-effetto tra le emissioni inquinanti dell'Ilva e la salute dei cittadini di Taranto e della Puglia.
È un fatto che l'Aia divenuta legge consideri e stabilisca le regole soltanto riguardo alle emissioni in aria, mentre Taranto viene inquinata tutta, superficie, acqua, sottosuolo.
È un fatto che per cinquant'anni siano stati riversati nel cielo, nel mare e nella terra di Taranto, gli agenti inquinanti in assoluto più cancerogeni e che - tutti gli scienziati lo confermano - dopo cinquanta anni non basti diminuire un po', e neppure di molto, le emissioni di diossina, benzoapirene e veleni di tal fatta per risanare l'ambiente, ma bisogna smettere di produrne. E così forse, ma fra altri venti o trenta anni se si continua incessantemente nell'operazione di bonifica, la situazione tornerà normale.
È un fatto anche che Taranto ha un tasso di disoccupazione del 30%, nonostante l'Ilva. Ed è un fatto che il ruolo delle istituzioni e delle amministrazioni di un Paese civile non sia quello di alimentare nell'opinione pubblica dilemmi insolubili, come quello che contrappone diritto al lavoro e diritto alla salute, con l'obiettivo di scegliere la via più comoda per sé, ma quello di proporre esse stesse piani, soluzioni, idee nuovi per rendere la vita possibile, dignitosa e comoda per i loro cittadini.
È un fatto, inoltre, che l'Ilva sia non l'antidoto, ma la causa della perdita di posti di lavoro a Taranto, del lavoro connesso all'agricoltura, all'allevamento, alla mitilicoltura, alla bellezza dei suoi luoghi, all'antichità della sua storia: quanti i posti di lavoro persi a fronte di quelli guadagnati? quanta prospettiva di sviluppo persa in alternativa a una prospettiva di degrado, malattia, morte? quanti lavoratori dell'Ilva scapperebbero a gambe levate, se avessero anche solo un'alternativa?
È un fatto, infine, che a Taranto vi sia tanta cittadinanza attiva. Quella dei cittadini che per primi hanno fatto esami sugli animali e sul latte, anche materno, per provarne l'avvelenamento da diossina, dando l'avvio alle indagini della magistratura. Quella delle volontarie che redigono il Registro dei tumori, indietro di qualche anno poiché affidato soltanto alla loro autonoma iniziativa. Quella dei volontari che abbelliscono la stanza del reparto di oncologia del Moscati dove sono curati i bambini, perché a Taranto l'oncologia pediatrica non c'è. Quella delle mamme, dei giovani, dei lavoratori, dei malati che hanno continuato a scendere in piazza, manifestare, protestare, anche l'altro giorno dinanzi a Montecitorio, senza mai permettere che la loro rabbia e la loro disperazione si trasformassero in eccesso e in violenza. Quella degli attivisti del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva che hanno continuato, in tutti questi anni, a raccogliere e cercare di alleviare e sostenere i bisogni dei cittadini alle prese con una sanità che non ha personale, mezzi e procedure commisurate al bisogno di una città malata. Quella che, molti anni fa, chiese che fosse fatto fra i cittadini di Taranto un referendum consultivo che, bloccato dai ricorsi, si svolgerà domenica prossima, 14 aprile, e il cui esito, poiché ormai anacronistico, non sarà più in grado di incidere, purtroppo, sul futuro di Taranto.
Il futuro della città a questo punto rimane nelle mani dei cittadini attivi, che non possono più tornare indietro, tacere, sopportare, morire; che sostengono la magistratura tarantina quando persegue l'obiettivo di fare giustizia dei responsabili del disastro della città; e che, forse, possono contare su un nuovo alleato nella loro battaglia, quell'Europa, che, per esempio attraverso le parole del presidente del Parlamento europeo, ha cominciato con più determinazione di quanto avesse mai fatto a dire la sua sulla vicenda Ilva, definendo inaccettabile l'inquinamento della città e necessario che i colpevoli paghino per tutto quello che hanno fatto.
Anna Lisa Mandorino, Vicesegretaria generale