Un recente sondaggio dell’Eurobarometro dimostra che gli italiani sono tutto sommato soddisfatti dell’Euro, un po’ meno di far parte dell’Unione Europea.
Ci sono voluti vent’anni per apprezzare i benefici che la moneta unica europea ha portato al nostro paese. Dapprima solo per le transazioni contabili e finanziarie e successivamente in veste di moneta corrente, è dal 1999 che l’Euro sostituisce la lira. Il tasso di cambio equivaleva a 1.936,27 lire.
Il lento processo di convincimento non è ingiustificato: l’aumento del Pil dei paesi che hanno adottato la nuova moneta è sensibilmente inferiore rispetto ai paesi a più alto livello di reddito come gli Stati Uniti e la Cina. L’Italia, è ancora uno dei paesi dell’eurozona che ad oggi soffre di più: ciò è dovuto ad una stagnazione della produttività generata da una scarsa politica industriale ed una pressione fiscale troppo stringente. La disoccupazione giovanile, al 33% prima dell’entrata nella zona euro, raggiunge attualmente il 37%. L’ascesa dell’attuale governo populista peraltro, è da leggersi come risposta alle crescenti preoccupazioni di natura economica e in materia di immigrazione.
A fronte di un quadro così posto, viene però da domandarsi se le perplessità fossero legate ad una politica economica europea poco includente o ad una endemica incapacità dei governi italiani antecedenti e successivi al 1999 ad affrontare queste difficoltà.